«Chi fu dunque il primo imbecille», si chiedeva Léon Bloy, «a dire che il latino è una lingua morta? Non lo sapremo mai, sappiamo solo che appartiene ad una famiglia che non conosce estinzione».
Ma il terribile autore della Femme Pauvre non si fermava al sarcasmo, incalzava: «Non c’è che dire; da migliaia di anni il mondo continua nella sua caduta, e ne subisce la legge che consiste in una terrificante accelerazione. La Croce un giorno intervenne per attenuare la catastrofe. Trattenne, è vero, possentemente, tutto quanto poteva essere trattenuto, e, diciamolo, non era o non sembrava gran cosa. Un Martire, un Confessore, una Vergine, su ogni dieci milioni di individui. Un Poeta, su decine di miliardi. Ma la Lingua Latina rimase felicemente impigliata nei Tre Chiodi e non fece più un passo verso la morte. Così, a profondità incommensurabile, è divenuta la stella polare sempre immobile in un firmamento devastato».
Cfr. «Una Voce Notiziario», 2, 1970, p. 4.