Questa solenne processione che altra volta da San Lorenzo in Lucina si recava a San Pietro percorrendo la via Flaminia, il ponte Milvio e costeggiando il Tevere sino ai campi vaticani, sostituiva originariamente l’antica festa dell’Ambarvale o dei Robigalia pagani. Questa ricorreva ai 25 di aprile, e la gioventù romana soleva andare oltre il ponte Milvio a sacrificare a Robigo, il dio che preservava le biade dalla ruggine. La Chiesa romana, adottando la consuetudine popolare, ne ha elevato il significato, insegnando che non è il favore di Robigo, ma la vita devota, l’umile preghiera e l’intercessione dei Santi, sovrattutto del Pastor ovium san Pietro, quelle che disarmano la giustizia di Dio irritata dai nostri peccati. Chiamasi Litania maggiore, perché, a differenza delle altre litanie stazionali, aveva un carattere assai più solenne; il percorso era molto lungo, e vi prendeva parte tutta la popolazione di Roma divisa in più squadre. Al tempo di san Gregorio il rito doveva essere già in uso, ed il Santo fin dal giorno precedente con una predica soleva disporvi gli animi dei fedeli. La processione e la messa stazionale a San Pietro, siccome ricorrevano sempre entro il tempo pasquale, così avevano un carattere spiccatamente festivo, a differenza delle altre litanie processionali che si facevano durante la quaresima, e nelle quali predominava il concetto della penitenza.
In seguito, durante il periodo Carolingio, s’introdusse in Roma un altro triduo di litanie penitenziali, nei tre giorni precedenti l’Ascensione. Il rito sembra istituito la prima volta a Vienna in Francia per iniziativa del vescovo san Mamerto (circa il 470), ed importava anche un digiuno triduano, come in quaresima. Questo carattere penitenziale importato a Roma dai Franchi ed affermato anche oggi nel Messale Romano dai paramenti violacei e dalla soppressione dell’Inno Angelico, è però in contrasto con tutto lo spirito dell’antica liturgia pasquale a Roma, che s’ispira alla più schietta letizia. Trattasi d’una aggiunta posteriore, quando cioè le irruzioni barbariche avevano interrotta l’antica tradizione classica, che per ordine dei concili aveva interdetto ai fedeli qualsiasi digiuno durante il sacro ciclo del gaudio pasquale.
Per ritornare ora alla processione dei Robigalia il 25 aprile, è da notare che nel secolo XII le processioni in Roma erano due: una cominciava alla basilica Marciana di Pallacine, e vi prendevano parte tutte le collegiate della città; l’altra prendeva le mosse dal Laterano, e v’interveniva la corte papale coi soli capitoli delle basiliche patriarcali. Dopo che il Papa aveva recitata la colletta, un suddiacono toglieva dall’altare la croce stazionale e la presentava a baciare a tutti, indi la processione s’incamminava verso Santa Maria Nova al Foro, dove faceva la prima sosta. Dopo che il Pontefice s’era riposato alquanto, il corteo si dirigeva a San Marco, ed aveva luogo un’altra fermata; di là la processione muoveva verso il mausoleo d’Adriano, dove si arrestava nuovamente, e finalmente si dirigeva alla volta del Vaticano. Un’ultima sosta aveva luogo nella basilichetta di Santa Maria dei Vergari, quasi ai piedi dell’atrio; di là il Papa saliva alla basilica vaticana, dove celebrava la messa stazionale ed accettava l’offerta o il presbiterio di 20 soldi pavesi pro missa bene cantata. Anche ai cardinali, ai diaconi, suddiaconi, accoliti e cantori il capitolo vaticano in quest’occasione faceva larga distribuzione di elemosine (Cfr. Ord. Roman. XI, P. L. LXXVIII, col. 1047-8).
(SCHUSTER, Liber Sacramentorum, IV, pp. 119-120)