Come abbiamo già visto, in origine la liturgia dei digiuni dei IV Tempi aveva un carattere spiccatamente festivo, ed era quasi una solennità di ringraziamento dopo la raccolta delle frutta della stagione. Sembra che tali feste agresti siano nate a Roma, – in mezzo a un popolo che deriva le fonti principali della sua ricchezza dalla cultura dei campi – e che da Roma per opera dei Papi si siano diffuse nelle Gallie, in Germania e nelle Spagne. A Milano, l’osservanza dei digiuni dei IV Tempi fu introdotta soltanto sotto san Carlo Borromeo.
A preferenza delle altre stagioni, la liturgia di questa settimana ha conservato abbastanza intatto il suo originario carattere festivo, che ricorda tanto bene le feste campagnuole dell’antica Roma al termine della vendemmia, quando, al dir di san Leone pro consummata perceptione omnium frugum, dignissime largitori earum Deo continentiae offertur libamen. (1)
Il concetto della preparazione alle solenni ordinazioni, rappresenta un’aggiunta non primitiva, ma che data però fin dai tempi di Gelasio I.
La stazione del mercoledì dei IV Tempi di regola è sempre a santa Maria Maggiore, e le tre lezioni della messa sono un avanzo dell’antico uso liturgico romano, che ricorda quei primissimi tempi quando, alla doppia lezione della Tora e dei Profeti in uso nelle sinagoghe della diaspora, gli Apostoli ne aggiunsero una terza desunta dai Vangeli.
______________
(1) «È molto conveniente che dopo aver goduto dell’abbondanza del raccolto, offriamo al Signore quasi una santa libazione d’astinenza», Serm. II de Ieiun. X mens.
Cfr. A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – V. Le nozze eterne dell’Agnello (La Sacra Liturgia dalla Domenica della Trinità all’Avvento), Torino-Roma, Marietti, 1930, p. 169.