La basilica dei due medici Anargiri sorge sul Foro, o meglio, da Felice IV fu adattata dentro le antiche aule dell’Eroon di Romolo e del tempio Sacrae Urbis, ove si custodiva l’archivio catastale della città. Nell’evo bizantino ebbe fama d’insigne santuario dove i due Martiri compivano ogni sorta di guarigioni miracolose a favore dei loro devoti.
La basilica di San Clemente poi sorge sulle aule d’un’antica domus romana che una tradizione molto accreditata pone in relazione col Pontefice omonimo. Nulla si oppone alla fama che Clemente, all’indomani delle stragi Neroniane, raccogliesse appunto il disperso gregge cristiano sotto queste medesime volte della casa che oggi visitiamo, e lo confortasse a perseverare costante nella fede. Sembra che in seguito, durante l’ultima persecuzione, si sia voluto deliberatamente profanare la memoria cristiana, insediandovi Mitra, il quale tuttavia sotto Costantino dové nuovamente cedere il posto al Cristo. Da uno studio accurato sulla topografia dell’edificio basilicale è dato di poter arguire che l’architetto ha voluto far corrispondere l’altare sopra una vecchia aula, che veniva forse particolarmente indicata siccome quella già servita a Clemente.
San Girolamo ricorda espressamente il dominicum Clementis, e siccome a Roma nei primi tempi non si erigevano basiliche a Martiri se non sulla loro tomba o nella loro abitazione, cosi la tradizione romana circa la casa di Clemente, non mi sembra possa ammettere alcun dubbio.
L’attuale basilica è opera di Pasquale II, dopo che nell’incendio di Roberto il Guiscardo andò gravemente danneggiata la primitiva, che ora trovasi a un livello inferiore.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 82-83.