Santa Maria ad Martyres è la bella rotonda del Pantheon di Agrippa convertita in chiesa da Bonifacio IV. I Romani nel medio evo erano affezionatissimi a questo maestoso santuario, ove tra le altre reliquie si custodiva dentro una cassa chiusa con 13 chiavi l’immagine del Volto Santo; sicché nel sec. xiii il Senator Urbis nel prender possesso del suo ufficio giurava di difendere e conservare al Papa Mariam rotundam.
La basilica di San Lorenzo in Lucina è del IV secolo; ma disgraziatamente la leggenda s’è troppo impadronita della personalità di Lucina e dopo d’averle fatto sostenere una parte negli atti dei santi apostoli Pietro e Paolo, la pone in relazione con san Lorenzo, san Sebastiano, san Marcello, così che è difficile di determinare entro quali limiti storici sia compresa la verità. Trattasi verosimilmente d’una matrona contemporanea di papa Marcello, la quale pose le sue case sulla via Lata a disposizione dell’autorità ecclesiastica, che vi eresse il titulus Marcelli, e, caduto questo sotto la confisca, l’altro poco lungi di là, in Lucina.
Nelle liste gerarchiche San Lorenzo in Lucina è il primo dei titoli presbiterali; papa Celestino III che la consacrò il 26 maggio 1196, ripose sotto l’altare una parte considerevole della graticola sulla quale fu bruciato il Martire titolare. Il più antico documento che ci garantisca l’autenticità di questo sacro trofeo, è un sermone di san Leone Magno che, nella festa di san Lorenzo, ne parla come d’una reliquia universalmente venerata dai Romani. Anche i martiri della Nomentana Alessandro, Evenzio e Teodulo, i papi Ponziano, Eusebio, coi santi Vincenzo, Peregrino, Gordiano, Felicola e Sempronio riposano in questa veneranda basilica.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 110-111.