La chiesa della colletta corrisponde all’attuale Santa Caterina dei Funari, e la fondatrice del cenobio può essere quella nobilissima foemina, il di cui padre nel 967 concesse una terra al monastero sublacense. Un tempo Sancta Maria domnae Rosae fu la sede del primicerio della schola Lateranense; nel 1536 Paolo III la concesse a sant’Ignazio di Loyola, il quale vi istituì un conservatorio per giovanette povere.
La basilica di San Lorenzo in Damaso toglie il nome dal grande Pontefice delle Catacombe, il quale la fece ricostruire a fianco degli antichi archivi della chiesa romana, là appunto dove aveva consumato la sua lunga carriera ecclesiastica il padre, e dove l’aveva cominciata egli stesso da fanciullo. Trattasi quindi d’un vero ricordo domestico, tanto più che una tradizione vuole che la famiglia di papa Damaso, al pari di quella di san Lorenzo, fosse originaria di Spagna, né sembrano assolutamente infondate le ipotesi di quegli archeologi che identificherebbero il celebre vescovo Leone sepolto a Campo Verano presso la tomba dell’arcidiacono Lorenzo, collo sposo di quella Laurentia che è appunto la madre del nostro Damaso. Comunque sia, sappiamo dai documenti che Damaso nacque però da famiglia stabilita da lungo tempo a Roma; l’alta posizione ecclesiastica di suo padre faceva facilmente preludere che anche suo figlio avrebbe a suo tempo conseguito i supremi onori, così che in una solenne epigrafe nella sua qualità di Papa nato, Damaso poté ricevere l’appellativo:
Natus qui antistes Sedis Apostolicae.
Sotto il principale altare dell’odierna basilica stazionale si conservano le sacre reliquie del suo fondatore, trasportate colà dal suo ipogeo sepolcrale che sorgeva in vicinanza di quello di Marco sulla via Ardeatina.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 122-123.