Le sacre ordinazioni e la vigilia di questa notte a San Pietro, attestateci dai documenti fin dal V secolo, volevano affermare l’idea romana che ogni potestà ecclesiastica deriva dall’Apostolo, cui Dio consegnò le chiavi del regno dei cieli. Quando però nel VII secolo a cagione dell’ottava solenne di Pentecoste, il digiuno dei IV Tempi d’estate venne differito d’alcune settimane, invece che a San Pietro, venne istituita la stazione a Santo Stefano sul Celio, cambiamento per altro che non incontrò troppo favore, tanto che nel secolo XI si ritornò alla tradizione primitiva.
Le sei lezioni scritturali che precedono il Gloria della Messa in parte si riferiscono alla solennità della Pentecoste, e in parte al digiuno del IV mese, come lo chiamava san Leone Magno; esse rappresentano una specie di compromesso e di fusione dei due riti. Altre volte la vigilia durava tutta la notte e vi si leggevano 12 lezioni così in latino che in greco, ma ai tempi di Gregorio Magno venne raccorciata e ridotta a più sobri limiti, quali son descritti nell’odierno Messale.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – IV. Il Battesimo nello Spirito e nel fuoco (La Sacra Liturgia durante il ciclo Pasquale), Torino-Roma, Marietti, 1930, p. 177.