Ricorrendo oggi il natale di sant’Anastasia, il cui culto divenne molto celebre in Roma, specialmente durante il periodo bizantino, la Chiesa istituì questa Stazione solenne alla sua basilica, ai piedi del Palatino. Il Sacramentario Leoniano nell’elenco delle feste di dicembre menziona bensì sant’Anastasia, ma nello stato mutilo di quel documento, non è possibile di dedurne altro. Nel Sacramentario Gelasiano non v’è nulla, mentre in quello Gregoriano – i nomi di Leoniano, Gelasiano e Gregoriano non garantiscono punto la merce che ricoprono – le collette della celebre Martire di Sirmio precedono quelle stesse della seconda messa di Natale.
on ostante che il Sacramentario che va sotto il nome di san Gregorio, rifletta un periodo relativamente tardo della fioritura liturgica in Roma – circa il pontificato d’Adriano I -, pure l’odierna stazione a sant’Anastasia desta l’impressione di risalire ad una buona antichità, quando il Natale del Signore in Roma non era ancora salito a tanta solennità, e vigeva tuttavia l’uso di celebrare nello stesso giorno, con stazioni differenti, più Martiri localizzati in distinti santuari. In un evo posteriore, certo sant’Anastasia sarebbe stata trasferita ad altro giorno.
Tra i sermoni di san Leone I ve n’ha uno contro l’eresia d’Eutiche, pronunciato nella basilica anastasiana. L’argomento è perfettamente cristologico, quale appunto converrebbe per la festa di Natale; ma in mancanza d’argomenti, non può affermarsi con certezza che l’autore l’abbia precisamente recitato nell’odierna Stazione natalizia, alla basilica della Martire Sirmiese.
Da principio – come è dato ancora di rilevare dal Sacramentario Gregoriano – la messa stazionale a Sant’Anastasia era tutta in onore dell’omonima Martire; ma in seguito, man mano che la festa del Natale aumentò d’importanza, sant’Anastasia dové appagarsi d’una semplice colletta commemorativa.
L’ora mattutina in cui si celebrava in Roma questa Stazione, in origine non aveva alcun significato mistico in relazione colla nascita del Salvatore, come più tardi ce lo videro i medievali. Siccome la messa solenne a San Pietro doveva celebrarsi in sull’ora di terza, così, pel convegno ai piedi del Palatino, non rimaneva libera che la primissima ora del mattino, appena terminato l’ufficio vigiliare nella basilica liberiana. Perciò l’attuale rubrica del Messale: ad secundam missam in Aurora archeologicamente non è del tutto esatta, al pari dell’altra della messa a mezzanotte, che in realtà veniva celebrata al primo cantar del gallo.
Gli Ordini Romani prescrivevano che il Papa, quand’era in Roma, celebrasse egli la Stazione a Sant’Anastasia; in caso d’assenza, lo sostituiva il presbyter tituli o il primo dei cardinali preti. L’ultimo che si conformasse nel secolo passato a quest’antica regola, fu Leone XII.
Nel medio evo il Pontefice, terminata la messa nella cripta ad Praesepe, senza neppur deporre la penula, si recava subito al titolo d’Anastasia; nel secolo XlV invece, quando già l’antica disciplina stazionale era andata quasi in disuso a cagione delle sontuose feste papali celebrate nell’interna cappella pontificia, invalse l’uso d’interporre un po’ d’intervallo tra l’una e l’altra cerimonia. – Negli ultimi tempi prima del 1870 Pio IX celebrava la messa in nocte a Santa Maria Maggiore nelle prime ore della sera, in modo da poter poi ritornare in palazzo per la cena prima della mezzanotte. – La comunione dei cardinali e del clero romano, che in origine si amministrava a San Pietro nella terza messa di Natale, nel secolo XIV anticipavasi già nella messa mattutina a Sant’Anastasia, e coi cardinali vi prendevano parte gli altri prelati di curia, non insigniti della dignità vescovile.
La messa prende motivo dall’astro del giorno che già incomincia a diradare le tenebre notturne, per elevarsi alla contemplazione di Colui, che il Padre generò, siccome lume da lume, dal seno della Divinità, innanzi il sorgere di lucifero.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – II. L’inaugurazione del Regno Messianico (La Sacra Liturgia dall’Avvento alla Settuagesima), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 159-161.