Card. Prospero Lambertini / Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa 30-31
[Corporale]
XXX. Quella pezza di lino nella quale si consagra il corpo di Cristo, chiamasi dagli scrittori ecclesiastici, corporale, e chiamasi ancora «corporalis palla». Una volta il corporale era più lungo e più largo di quello d’oggi, coprendo tutto l’altare, come si deduce dall’Ordine romano, in cui si richiede l’opera di due diaconi per ispanderlo e piegarlo. Con questo corporale che conforme si è detto, era grande, coprivasi il calice, il qual rito è ancor oggi mantenuto dai PP. certosini: ed il corporale deve essere di lino. Il calice significa il nuovo sepolcro, in cui Cristo fu seppellito: la patena la pietra rivoltata sopra la porta del monumento: il corporale la sindone monda, nella quale Giuseppe d’Arimatea involse il corpo del Signore, come ben riflettono Rabano nel lib. 1 De instit. clericor. al cap. 33 ed Ildeberto arcivescovo turonense ne’ versi suoi De missae sacrificio; del quale Ildeberto scrittore del secolo duodecimo può vedersi il Longueval nella Storia della Chiesa gallicana tom. 8 lib. 24 pag. 530 e seguenti:
Ara crucis, tumulique calix, lapidisque patena,
Sindonis officium candida byssus habet.
XXXI. Conferma s. Isidoro Pelusiota al lib. 1 epist. 123 quanto si è detto del corporale: «Pura illa Sindon, quae sub divinorum donorum ministerio expansa est, Josephi Arimathensis est ministerium. Ut enim ille Domini corpus Sindone involutum sepulturae mandavit, per quod universum mortalium genus resurrectionem percepit, eodem modo nos propositionis panem in Sindone sacrificantes, Christi corpus sine dubitatione reperimus nobis illam fontis in modum immortalitatem, quam Salvator funere elatus a Josepho, postquam resurrexit a mortuis, impertiit». E nello stesso modo parla s. Tommaso del corporale nella 3ª part. alla quest. 83 art. 3 «Ad septimum». E nel concilio di Selinestat, tenuto l’anno 1022, come può vedersi appresso il citato Longueval al tom. 7 pag. 178 vien riprovato il costume introdotto di gettare il corporale nel fuoco per estinguerlo; aggiungendo lo stesso autore essersi lungo tempo conservato in Cogni un corporale che aveva un certo segno per poterlo facilmente ritrovare in caso d’incendio.
Cfr. P. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 26-27.