§. III.
I. Collocatosi adunque inginocchio, come si disse, il Cherico in plano, per dar principio al suo servigio, stà aspettando con mani gionte, che scenda il Sacerdote per cominciare quella parte di Messa (largamente parlando) che dicesi Confessione. Sceso il quale, procura egli di ritirarsi alquanto indietro, per non istare in fila con esso, che sarebbe troppa presunzione: e quando il Sacerdote riverisce profondamente la Croce, ò col ginocchio piegato il Santissimo nel Tabernacolo, se in quell’Altare si trova, esso ancora profondamente s’inchina; e segnandosi quello, si segna anch’esso all’In Nomine Patris etc. senza dir nulla e standosi colla vita eretta. Recita poi à vicenda col Sacerdote i Versetti dell’Antifona: Introibo ad Altare Dei, rispondendo Ad Deum, qui lætificat juventutem meam: e così il Salmo Judica me, se si dice (poiche questo si lascia nelle Messe da morto, e nel tempo di Passione) col suo Gloria Patri, al quale semplicemente s’inchina; e la suddetta Antifona Introibo, quando si ripete doppo il Salmo: usando in ciò quella voce, che si conformi con quella del Celebrante.
II. Seguita doppo il Salmo (avanti di venire al Confiteor) il Versetto Adjutorium nostrum in nomine Domini, al quale si segna, e risponde Qui fecit cœlum, et terram.
III. Nel mentre che il Sacerdote dice il suo Confiteor, il Cherico non fa né atto né moto veruno, ma si stà colla vita retta, e mani gionte senza picchiarsi il petto, e senza rispondere Amen quando il Sacerdote ha finito. Per dire poi esso il Misereatur sopra del Sacerdote ancor profondamente inchinato, si volta un tantino verso di quello mediocremente chino; e finito il Misereatur, si volge affatto verso l’Altare, e profondamente chino fa esso ancora la sua Confessione à nome suo, e del Popolo insieme, voltandosi solo un tantino colla testa verso del Celebrante, quando dice quelle parole Tibi Pater, e Te Pater; e picchiandosi al Mea culpa triplicato con trè colpi il petto. Finito il Confiteor, non ancor si muove, ma così profondamente inchinato ascolta con divozione il Misereatur vestri, che dice sopra di lui, e di tutti gli astanti il Sacerdote, al quale risponde Amen.
IV. Allora erge la vita, e all’Indulgentiam si segna col Sacerdote, rispondendo nel fine Amen.
V. Seguitano quegli ultimi versetti Deus tu conversus vivificabis nos etc. a’ quali il Ministro stà pur col Sacerdote mediocremente chinato, rispondendo a quelli la parte che a lui tocca: avvertendo, tanto qui, quanto nell’altre risposte, quando a vicenda dice qualche cosa col Sacerdote, di ben proferire le parole, di non prevenire, ò imbrogliarsi, a far’imbrogliare il Sacerdote medesimo.
Cfr. B. RICCEPUTI, Il Ministro della Messa privata secondo che dalle Rubriche del Messale Romano. Dal Castaldo, dal Gavanto, dal Bauldry, dal Corsetto, da Monsignor di Biseglia, e da altri Autori s’è osservato, e discusso in più conclusioni nel Sagro Seminario di Benevento, Benevento, 1722, pp. 25-27.