Tutto portava, dunque, un’idea di sacrificio nella Cena di Nostro Signore: non è da meravigliarsi se la Chiesa l’ha così fatta propria. Non si deve obiettare che Gesù Cristo ha istituito un sacramento, e l’ha istituito per mangiare e non per offrire, oppure che ha istituito non un sacrificio, ma la commemorazione di un sacrificio. Infatti la ragione di sacramento non ripugna affatto a quella di sacrificio, ancor meno il mangiare e la commemorazione. Ne è testimone, senza andar più lontano, la festa di Pasqua che fu per gli Ebrei insieme un sacramento e un sacrificio, una cosa che si offriva e che si mangiava come tante altre vittime. Era un vero e proprio sacrificio che si ripeteva tutti gli anni, e insieme la commemorazione di un sacrificio mediante il quale il popolo di Dio era stato liberato dalla gran piaga d’Egitto.
Richiamate qui alla memoria questa notte tanto funesta per gli Egizi, in cui l’Angelo doveva passare in tutte le loro case a sterminare i primogeniti. Gli Ebrei non meritavano di essere castigati meno degli altri, perché tutti hanno peccato e hanno bisogno della bontà di Dio. Ma Dio voleva risparmiarli e liberarli d’un colpo dalla schiavitù d’Egitto. Voi sapete che per questo egli ordinò loro di sacrificare un agnello per ciascuna casa, mangiarlo e bagnare le porte di casa con il suo sangue. «Passerò, dice il Signore, e sopprimerò tutti i primogeniti degli Egizi, ma quando vedrò il sangue sulla porta delle vostre case, passerò oltre e non vi perderò come gli altri» (Es. 12, 12 ss.). Anzi, da questo stesso giorno voi uscirete dalla schiavitù, e l’Egitto sarà ben contento di rimettervi in libertà. Ecco il sacrificio della liberazione. Bisogna ancora che vi racconti come Dio ordinò che si rinnovasse ogni anno? In memoria di questa notte della liberazione del popolo si doveva ancora immolare un agnello, ancora spargerne il sangue. Perché? il Signore passerà ancora una volta con la sua mano vendicatrice? Niente affatto, è una commemorazione, e tale commemorazione è come l’altra un sacrificio, un agnello come allora, un sangue sparso in memoria della liberazione compiuta, come allora era stato sparso per compierla. Voi ben capite, senza bisogno di dirlo, che il primo sacrificio è la fonte e il principio e rappresenta la morte di Gesù Cristo, mentre i sacrifici che si ripetono ogni anno rappresentano quello dell’Eucaristia, ove di conseguenza l’agnello e il suo sangue devono esserci altrettanto veramente che nel primo. Ma non sia detto che la verità non abbia nulla di più della figura. Nel nuovo Testamento non è permesso offrire altro agnello che Gesù Cristo. Vi sarà dunque un agnello, ma sempre lo stesso. Questo agnello può morire una sola volta, quindi la seconda oblazione non sarà niente di più che una morte e un sacrificio mistico. L’agnello comunque vi sarà, altrimenti la figura che dovrebbe essere al di sotto della verità vi starebbe al di sopra. Anche il sangue vi sarà tutto intero, e sarà sparso, ma in modo nascosto e misterioso per applicare a ciascuno ciò che è stato offerto una sola volta per tutti. Se con l’agnello e il suo sangue si trova qui pane e vino da consacrare, e le cui specie continuano a comparire, è perché Gesù Cristo ha da compiere più di una figura. Bisogna che compia il sacrificio di Melchisedec, come dicono tutti i Padri, che compia la figura e dei pani della proposizione, che si offrivano a Dio, e del vino che su di essi era effuso. Bisogna del pari che compia gli azzimi che si dovevano mangiare con l’agnello pasquale come con le altre vittime, ed è una delle ragioni per cui la Chiesa latina sacrifica ancora in azzimo. E’ la Pasqua della nuova alleanza che si celebrerà non tutti gli anni come l’antica Pasqua, ma tutti i giorni. E per la stessa ragione per cui il battesimo, che è la nostra circoncisione, come la circoncisione non è altro che un sacramento, l’Eucaristia che è la nostra Pasqua deve essere un sacramento e un sacrificio.
Questa era, se lo intendiamo, la Pasqua che Gesù Cristo desiderava tanto mangiare con i suoi discepoli, come attesta loro con queste parole: «Con gran desiderio ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima di morire» (Lc. 22, 15). Questa Pasqua tanto desiderata dal Figlio di Dio non era la Pasqua della legge che stava per finire, che molti ritengono che non poté mangiare quell’anno, essendo stato lui stesso immolato nello stesso tempo in cui si immolava la Pasqua, che in ogni caso aveva mangiato più volte con i discepoli, e che non doveva essere l’oggetto ultimo dei suoi desideri soprattutto perché essa doveva essere rigettata, come tutti gli altri sacramenti della legge, dalla croce di Gesù Cristo. Il vero oggetto del desiderio del Salvatore era la nuova Pasqua che egli stava per donare ai suoi discepoli nel suo corpo e nel suo sangue, e doveva compiere nel regno del Padre quando fosse stato chiaramente la vita e il nutrimento di tutti i suoi figli. E’ dunque una Pasqua e un sacrificio. La Chiesa lo ha riconosciuto ed è per questo che ci ha detto in una delle preghiere della sua liturgia che il giorno della Cena Gesù Cristo ha istituito un sacrificio perpetuo in cui si è offerto egli stesso per primo, e che ci ha insegnato a offrire.
Cfr. J.-B. Bossuet, Explication de quelques difficultez sur les Prières de la Messe, à un nouveau catholique. Par Messire Jacques Benigne Bossuet …, Paris, Chez la Veuve de Sébastien Mabre-Cramoisy, 1689, pp. 92-99 (cap. 23); traduzione nostra pubblicata in «Una Voce Notiziario», 56-57 ns, 2014-2015, pp. 1-2.