Card. Prospero Lambertini / Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa 81-82
Del principio della Messa sino all’introito
LXXXI. Come ben sa ciascheduno, stando il sacerdote giù dalla predella o siano scalini dell’altare, incomincia la Messa, facendo il segno della croce: dal quale i cristiani per apostolica tradizione incominciano tutte le loro azioni, come ben avverte Tertulliano nel libro De corona militis al cap. 3. Fatto il segno della croce, recita l’antifona Introibo: il che è molto proprio; imperocché significando la parola greca Antifona un canto reciproco ed alternativo, e fino dal quarto secolo essendo già introdotto l’uso nella Chiesa greca e latina di recitare o cantare i salmi alternativamente a due cori, e di cantare alternativamente una parte di un salmo proporzionata ed adattata all’azione che si faceva, non poteva ritrovarsi parte di salmo più adattata pel principio della Messa, che quello di cui ora si parla, come ben considera il P. Le Brun nel tom. 1 della sua opera alla pag. 109.
LXXXII. Siegue il salmo 42. «Judica me Deus» salmo che cantò Davide, quando fuggendo dalla faccia di Saulle, e stando lontano dalla patria per iscansare il furore del re, consolava se stesso, colla speranza di ritornare una volta nella città di Gerusalemme, ed accostarsi all’altare del Signore, ed offerirvi i sacrifizi. Si recita questo salmo alternativamente, cioè un versetto per uno, dal sacerdote e dal ministro; dovendo esser comune fra l’uno e l’altro la fiducia e l’allegrezza nell’accostarsi al sacro altare e nell’oblazione del sacrifizio che si fa a Dio per mano del sacerdote, come ben prosiegue il Pouget nelle sue Istituzioni cattoliche al tom. 2 pag. 825. E finito il salmo, alternativamente pure si recita il Gloria Patri dal sacerdote e dal ministro. Questo Gloria Patri dagli antichi Padri è chiamato inno di glorificazione. Di esso abbiamo parlato ancora, quando si trattò della festa della santissima Trinità. Alcuni ne fanno autore Flaviano monaco Antiocheno. Altri lo vogliono istituito dal concilio Niceno. Ma essendovi di esso le testimonianze di s. Atanasio e Basilio più antichi del detto concilio, meglio ragiona chi dice, riconoscere la sua origine dall’apostolica tradizione, giusta la quale essendo stati battezzati i fedeli nel principio della Chiesa in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, impararono a cantare alle 3 divine persone l’inno di glorificazione: e solamente al concilio Niceno si può attribuire l’aggiunta «Sicut erat in principio», fatta per confondere e riprovare l’eresia d’Arrio. Veggansi i Cardinali Baronio all’anno di Cristo 325 num. 175, Bona de divina psalmodia al cap. 16 § 6 e Rer. Liturgic. al lib. 2 cap. 3 num. 2. Il secondo concilio Vasense e secondo altri, il terzo al can. 5 tom. 4 De’ concili pag. 1680 tenuto nell’anno di Cristo 529 suppone già introdotto l’uso appresso la sede apostolica in tutto l’oriente, nell’Africa e nell’Italia, di dire nel Gloria Patri le parole «Sicut erat in principio»; e prescrive che in questo modo si reciti ancora nella Francia: «Quia non solum in sede apostolica, sed etiam per totum orientem, et totam Africam, vel Italiam propter Haereticorum astutiam, qui Dei Filium non semper cum Patre fuisse, sed a tempore coepisse blasphemant, in omnibus clausulis post Gloria Patri etc. Sicut erat in principio dicitur, etiam et nos in universis Ecclesiis nostris hoc ita dicendum esse decernimus». Ma nella Spagna più tardi fu introdotto l’aggiungere le parole «Sicut erat in principio» al «Gloria Patri»; leggendosi nel can. 12 del concilio quarto Toletano nel tom. 5 De’ concili del Labbé alla pag. 1710 il qual concilio fu tenuto l’anno 633 come in appresso: «In fine omnium psalmorum dicimus: Gloria et honor Patri, et Filio et Spiritui Sancto in saecula saeculorum amen»; e dicendosi il «Gloria Patri» nello stesso modo della Liturgia Mozarabica.
Cfr. P. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 66-67.