Riproduciamo il paragrafo dedicato all’Offertorio dell’opuscolo Il Ministro della Messa privata nel testo che si trova nella raccolta di opuscoli vari scritti e pubblicati da o per ordine del card. Vincenzo Maria Orsini, poi papa Benedetto XIII, per la sua diocesi quando era arcivescovo di Benevento. Il volume era uscito nel 1726 a cura di Francesco Giannini, bibliotecario di Sua Santità. Autore di questo opuscolo il sacerdote Bartolomeo Ric(c)eputi, rettore e «maestro di riti» nel Seminario Beneventano (cfr. M. Boscia, Tipografia e vita culturale nella Benevento del XVIII secolo, in Illuminismo meridionale e comunità locali, a cura di E. Narciso, Napoli, Guida, 1988, p. 101 nt. 60). Era stato già edito, infatti, con il titolo completo Il Ministro della Messa privata: Secondoche dalle Rubriche del Messale Romano: Dal Castaldo, dal Gavanto, dal Bauldry, dal Corsetto, da Monsignor di Biseglia, e da altri Autori s’è osservato, e discusso in più Conclusioni nel Sagro Seminario di Benevento (In Benevento, nella Stamperia Arcivescovile, 1705, pp. 88, cfr. S. BASILE, Edizioni beneventane del Settecento, in «Samnium», LI, 1978, p. 161, n. 18; ristampa Benevento, 1722, pp. 68) e dotato di una lettera dedicatoria – recante la data del 14 ottobre 1704 – di Bartolomeo Ricceputi ai Seminaristi di Sant’Agata dei Goti (pp. 5 ss.). Le due edizioni del 1705 e del 1722 sono ristampate on demande. In queste pagine l’autore descrive in particolare due diversi modi di portare all’altare le ampolline da parte del serviente della Messa letta, nonché dei rispettivi modi – di conseguenza diversi – di amministrare al celebrante la lavanda delle mani. Il modo secondo cui si portano insieme alle ampolline anche il piattello e il manutergio o fazzoletto, ponendoli sulla mensa, risale al commento alle rubriche del barnabita Bartolomeo Gavanto (+ 1638), uscito nel 1628 (B. Gavanto, Thesaurus sacrorum rituum, seu Commentaria in Rubricas Missalis et Breviarii Romani, auctore adm. Reverendo P. D. Bartholomaeo Gavanto Mediol. … , 2, 7, 2, ad Discooperit, I, Antverpiae, ex Officìna Plantiniana Balthasaris Moreti, 1646, p. 131, e 2, 7, 6 ad Ministro aqua fundente, ivi, p. 136). L’altro, in cui si portano solo le ampolline, ad Andrea Castaldo Pescara, teatino (+ 1629), nel suo trattato Praxis caeremoniarum seu sacrorum Romanae Ecclesiae rituum accurata Tractatio … auctore D. Andrea Piscara Castaldo … 1, 4, 1, 15-16, Venetiis, apud Paulum Balleonium, 1681, p. 50 (ma vedi già, analogamente, Id., Sacrarum caeremoniarum iuxta Romanum ritum ex usu Clericorum Regularium accurata distributio, A P. D. Andrea Piscara Castaldo … in lucem edita. Opus … quibusvis ecclesiasticis apprime utile 1, 16, 15-16, Neapoli, Ex Typographia Io Iacobi Caroleni, 1613, pp. 22 s.). Per Ricceputi in qualunque di questi modi si proceda non è mai male, basta che si segua quello che prevede la rubrica, che è la seguente: «Accipit ampullam vini de manu ministri (qui osculatur ipsam ampullam, non autem manum Celebrantis) et ponit vinum in Calicem» (Ritus servandus in celebratione Missae, VII 4). Come portare le ampolline propriamente non è specificato, e la rubrica è rimasta inalterata anche nella editio typica VII del 1962, ove permane in vigore. Pertanto gli autori di cerimonie hanno dato l’uno o l’altro modo, eventualmente con particolari motivazioni, ovvero entrambi, dal ‘600 fino ai tempi più recenti (si vedano, per esempio, rispettivamente L. Trimeloni, Compendio di liturgia pratica, Torino, Marietti, 1963², p. 463, e L. Hebert, Leçons de liturgie à l’usage des seminaires. – III. Le Cérémonial, revue par A. Fayard, Paris, Berche et Pagis, 195227, p. 144 e nt. 1). La testimonianza che a Benevento fosse stato preferito e introdotto il modo proposto dal Castaldo, senza piattello e manutergio, si riferisce allo storico Pompeo Sarnelli (+ 1724), fino al 1692 a Benevento autorevole prelato collaboratore del card. Orsini, poi vescovo di Bisceglie (perciò Monsignor di Biseglia). Monsignor Sarnelli lasciò anche un’opera sulle cerimonie, ove sostiene tale scelta (cfr. Comentarj intorno al rito della Santa Messa per que’ sacerdoti, che privatamente la celebrano: scritti da Monsignor Pompeo Sarnelli Vescovo di Biseglia … , Venezia, appresso Antonio Bortoli, 1725, pp. 62 s., in particolare p. 63 sub 9). L’inchino del serviente al Dominus vobiscum, quando il celebrante si volge al popolo, non si trova indicato dalla gran parte degli autori: in realtà non è previsto dalle rubriche (in proposito cfr. per esempio A. Ferrigni-Pisone, Note, in G. M. Pavone, La guida liturgica … , II, Napoli, Gabinetto Letterario, 1842², p. 10). Per «semigenuflessione» al n. I l’autore intende genuflessione semplice, cioè con un solo ginocchio (cfr. Il Ministro, § I, V).
f.m.
§. V.
Qui seguita l’Offertorio, dove si dà principio più prossimamente alla Santa Messa: nella qual parte, fino al Canone, appartengono al Cherico le seguenti Azioni.
I. Al Dominus vobiscum s’inchina, e risponde col solito Et cum Spiritu tuo. Ascolta genuflesso l’Offertorio, e poi si alza. Alzato, fa in piano una semigenuflessione verso la Croce, e per lo piano girando verso il fianco Epistolare dell’Altare, sale, e prende il Velo del Calice, lo piega con pulizia, e lo colloca su l’Altare vicino al Corporale (ma non sopra di quello) nella parte più dentro verso il gradino de’ Candelieri.
II. Scende da i gradi dell’Altare, voltandosi verso dove stanno le Ampolline, e prese quelle, le porta al Sacerdote alla testa dell’Altare dalla parte dell’Epistola. Il modo di portare, e ministrare le Ampolline si osserva diversamente praticato nel Gavanto, nel Bauldrio, e nel Castaldo.
Il Gavanto ammette il Fazzoletto, che si stenda sopra l’Altare il Piattino, che si collochi sopra il Fazzoletto, e le Ampolline sopra il Piattino, à destra quella del Vino, quella dell’Acqua à sinistra. Il Bauldrio concede il Piattino sotto le Ampolline collocato sopra l’Altare, ma non ammette il Fazzoletto, disteso sotto di quello (se bene però nelle Note sopra le Rubriche del Messale non disappruova il predetto modo del Gavanto.)
Il Castaldo poi nè Fazzoletto, nè Piattino ricorda, ma le sole Ampolline in mano del Cherico; il che è più degli altri piacciuto à Monsignore Sarnelli, il quale così ha introdotto l’uso in questa Arcidiocesi di Benevento, e così quasi da per tutto si pratica.
In conclusione, il Messale non prescrive altro in questa materia, se non che il Sacerdote riceva dalle mani del Ministro le Ampolle colla debita riverenza, e bacio dell’Ampolline, non della mano del Sacerdote.
Siano poi le Ampolline sopra il Piattino, ò nò, siavi, ò nò il Fazzoletto sotto disteso, la Rubrica non ne parla: onde à qualunque de’ detti modi si portino le Ampolline all’Altare, non è mai male, purche si osservi la Rubrica, che’l Sacerdote non da sè se le pigli, ma dalle mani del Cherico. Per ciò fare, conviene, che il Cherico prenda le Ampolline nelle sue mani, nella destra quella del Vino, nella sinistra quella dell’Acqua, non per modo, che le impugni, ma sostenendole per la parte inferiore elevate su le tre dita pollice, indice, e medio, rivolte per modo, che il Sacerdote le pigli commodamente per lo manichetto, se vi è, e’l pizzetto sia al contrario; siche in voltarle verso il Calice, venga a riuscire verso di questo.
Quando il Sacerdote si accosta per riceverle, il Cherico fa un’inchino mediocre al medesimo Celebrante, poi col bacio, e con picciolo inchino di testa gli porge colla destra quella del Vino, ed intanto ch’e’ pone il Vino nel Calice, passa il Cherico quella dell’Acqua dalla sua sinistra alla destra, e colla sinistra ripiglia quella del Vino (senza più passarla alla destra) col debito atto di bacio, ed inchinetto grazioso. Tiene poi elevata quella dell’Acqua un tantino, finche il Sacerdote gli ha formato sopra il segno della santa Croce (se non è Messa da morto, nella quale tal segno si lascia): allora fa l’atto di baciarla, e coll’inchino picciolo gliela porge, sicome con gli atti medesimi la ripiglia; e fatta la riverenza con inchino mediocre al Celebrante, parte per la Credenza, se non vi ha il Piattino; ma se ha portato prima su l’Altare il Piattino, posa sopra di esso quella dell’Acqua, va à posare su la Credenza quella del Vino: piglia il Fazzoletto (se lo ha lasciato alla Credenza, e non lo ha prima disteso secondo il Gavanto sopra l’Altare) si accosta all’Altare, prende colla sinistra il Piattino, posa su l’Altare il Fazzoletto non affatto disteso, e coll’Ampollina dell’Acqua nella destra aspetta il tempo di lavare le deta al Sacerdote. Che, se secondo il Gavanto, ha lasciato il Fazzoletto sopra l’Altare, quando dalla Credenza, dove ha posato l’Ampollina del Vino, torna all’Altare per pigliare il Piattino, alza dal mezzo il Fazzoletto disteso alquanto, accioche sia comodo poi il prenderlo al Sacerdote; ed uscendo dal fianco dell’Altare, fuori di quello dà da lavare le mani al Sacerdote con un’inchino mediocre, sì prima, come doppo, quando poi parte per la Credenza.
Posto poi che si faccia, come si è supposto, senza il Piattino, quando il Cherico s’è partito (come si disse) per la Credenza, posa l’Ampollina del Vino sopra di quella, piglia il Fazzoletto, e se lo colloca dispiegato sopra il braccio sinistro vicino alla mano, (ò pure lo frammette con una punta alle dita della mano sinistra, lasciandolo pendere verso terra) e tenendo colla detta sinistra il Piattino per modo, che non gli possa scorrere dalle mani, e colla destra l’Ampollina dell’Acqua, si accosta (quando è il tempo) al Sacerdote, fuor dell’Altare tanto, che le mani del Sacerdote non solo fuor dell’Altare, ma fuori della Predella ancora si estendano, e colle riverenze sopraccennate lo serve.
Lavato il Sacerdote, e presosi da se il Fazzoletto dal braccio, ò dalle dita del Ministro, come sopra, nel mentre che quegli si asterge, resta ivi il Cherico col Piattino in mano, ed aspetta il Fazzoletto; il quale ò il Sacerdote ripone da se sopra il braccio sinistro del Ministro, ò piuttosto il Ministro medesimo, posata l’Ampollina dell’Acqua sovra il Piattino, lo ripiglia esso medesimo colla sua destra dal Sacerdote colla riverenza, e bacio dovuti.
III. Data l’Acqua alle mani, il Cherico sversa dal Piattino quel poco di Acqua, che ha servito al Sacerdote, non sopra i gradini dell’Altare, nè in luogo, dove possa andar sotto i piedi, ma ò nel proprio Vasetto fisso (sicome in questa Metropolitana stà ad ogni Altare provisto) ò in un cantoncino remoto. Prende poi il Fazzoletto, e lo ripiega, non in faccia al Popolo, ma verso la Credenza: e se intanto si volta il Sacerdote al Popolo, con dire l’Orate fratres, il Cherico si ferma dal piegare il Fazzoletto, e rivolto verso il Sacerdote, dice il Suscipiat: con avvertenza però di non dirlo subito subito doppo l’Orate fratres, ma doppo un tantino di tempo, quanto basti al Sacerdote, per compire quelle parole, che vanno unite all’Orate fratres, cioè, Ut meum, ac vestrum Sacrificium acceptabile fiat apud Deum Patrem Omnipotentem; alle quali fa per l’appunto risposta propria il Suscipiat: il qual Suscipiat, ò si dica in piedi, ò si dica genuflesso, poco importa, purche si dica fermo, e non andante, nè facendo altro in tal tempo; nè pure si prescrive il dirsi chinato, nè necessariamente dal Cherico, dicendo la rubrica, che se non lo dice il Cherico, lo dica da se il Sacerdote.
IV. Quando si parte il Cherico dalla Credenza per ritornare al suo luogo, porta seco il Campanello, e prima di genuflettere nel gradino, come prima, riverisce con una semplice genuflessione in plano la Croce, come fece al partirne.
V. Al Prefazio ci è per lo Cherico il rispondere al Per omnia saecula saeculorum coll’Amen; al Dominus vobiscum, coll’Et cum Spiritu tuo; al Sursum corda coll’Habemus ad Dominum; ed al Gratias agamus Domino Deo nostro (al quale si ha da inchinare semplicemente il capo) col Dignum, et justum est.
VI. Al Sanctus china mediocremente la vita, e dà tre tocchi col Campanello, uno a ciaschedun Sanctus: ed al Benedictus, qui venit in nomine Domini etc. erge il capo, e le spalle, e si segna, deposto il Campanello.
Cfr. B. Riceputi, Il Ministro della Messa privata, in V. M. Orsini, Opuscula varia variis temporibus pro Beneventana Archidioecesi vel calamo, vel jussu Fr. Vincentii Mariae Ordinis Praedicatorum S. R. E. Cardinalis Ursini Archiepiscopi, nunc Sanctissimi Domini Nostri Papae Benedicti XIII. In lucem edita In unum tandem collecta, novisque typis excusa, Romae, Typis Rocchi Bernabò, 1726, Sumptibus Francisci Giannini Suae Sanctitatis Bibliopolae, pp. 127-130; è stata mantenuta l’ortografia originale; riprodotto in «Una Voce Notiziario», 63-64 ns, 2016, pp. 11-13.