§. I.
Prima di ogni altra cosa deve sapere il Ministro della Santa Messa, che cosa sia la Messa, affinche facendo il dovuto concetto della cosa, possa circa di essa adoperarsi con quell’attenzione, che si deve.
I. E’ adunque la Messa una viva rappresentazione della Vita, Passione, e Morte di Gesù Cristo, instituita dal medesimo per Sagrifizio della Nuova Legge, allorche disse: Hæc quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis.
Chiamasi Messa latinamente dal verbo Mitto, quasiche voglia dire: Missio Verbi Æterni in mundum: conforme à quello di S. Paolo: Misit Deus Unigenitum suum in mundum in similitudinem carnis peccati, etc. il che tutto nella Santa Messa co suoi effetti si rappresenta.
II. Il Cherico (così detto comunemente ) ò Ministro della Messa deve essere huomo, maschio, non mai femina; se non fosse per necessità: ed in tal caso può la femina solamente rispondere, standosi fuor de’cancelli, senza mai appressarsi all’Altare.
Dovrebbe essere sempre un Cherico, e se si potesse fare, che fosse Acolito, sarebbe più proprio: che se a’ laici si vede fare tal Ministero, è tolleranza, quando non si può fare altrimente.
Questo Cherico dovrebbe havere in tale Ministero la Cotta; E se ex officio serve la Messa, deve saperla servire secondo le rubriche, e le legittime instruzioni, che à ciò si danno, peccando, se le negligge.
III. Avanti di venire alle azioni, che à questo spettano nello attuale ministero, è necessario, che sia instruito prima di certi modi generali: come sarebbe circa le Riverenze, le Genuflessioni, il tener delle mani, il segnarsi, il percuotersi il petto, il regger gli occhi, il baciare le cose, la conversione della vita, e’l luogo, dove dee stare.
IV. Le Riverenze sono di due sorti: una è d’Inchini, l’altra di Genuflessioni. Gl’inchini sono di tre maniere: Inchino semplice, Inchino mediocre, ed Inchino profondo. Il semplice è, quando il capo solo s’inchina, siche l’occhio riguardi il petto. L’inchino mediocre è, quando col capo s’inchinano ancora le spalle un tantino, siche l’occhio venga à guardare al ginocchio; havendo avvertenza di non fare questo inchino con due inchini, cioè di non inchinare prima il capo, e poi le spalle, ma nel medesimo tempo chinare le spalle, ed al moto di quelle chinare eziamdio la testa. Il Profondo poi è, quando si china mezza vita, sicché l’occhio venga à guardare la terra, con quell’avvertenza, che si è data di sopra, cioè, che la testa si muova al moto delle spalle, e non divisamente da quelle.
V. Due sono le Genuflessioni: Semplice, e Doppia. La Semplice (ò sia semigenuflessione) si fa, piegando solo un ginocchio, che deve essere il destro, fino à terra. La Doppia (ò sia Genuflessione intera) si fa piegando fino à terra l’uno, e l’altro ginocchio, prima il destro, poi il sinistro; e nell’alzarsi, prima si alza il sinistro, poi l’altro: avvertendo bene anche in questo di non chinare il capo, nè le spalle in genuflettere, ma sol di piegare il ginocchio, o le ginocchia colla vita retta; se però non venisse dalle rubriche ordinato anco il chinarsi, doppo già piegati i ginocchi.
VI. Le mani si hanno à tenere in modo divoto; cioè ò gionte per modo, che le palme si tocchino una coll’altra in tutta uguaglianza, se non che li due pollici vanno incrociati uno sovra l’altro, il destro sopra, sotto il sinistro; col riguardo ancora, che le punte delle dita guardino in sù verso il Cielo, senza pero sforzo, è senz’affettazione; nè le braccia, in ciò fare, si elevino, ò distacchino dalli fianchi, ma naturalmente il cubito al suo fianco s’appoggi. Si ponno ancora tenere cancellate assieme deta fra deta avanti il petto; ò veramente ancora cancellando le braccia, sicche la mano destra venga ad appoggiarsi al fianco sinistro distesa, e la sinstra al destro: Alla Confessione però necessariamente si debbono tener gionte, per non discordare dal Celebrante, col quale la Confessione si fa.
VII. Il segnarsi al Ministro in due maniere può occorrere: Una è con tutta la mano distesa, voltando la palma verso se stesso, dalla fronte fin sotto il petto, sopra però, e non sotto della mano sinistra (la quale in questo atto si tiene distesa, ed appoggiata al petto circa la cinta); poi dalla spalla sinistra alla destra, senza baciarsi in fine la mano. L’altra maniera è di segnarsi la fronte, la bocca, e’l petto col solo pollice della destra mano; tenendo in tanto la sinistra al petto, come di sopra, e tenendosi le altre deta della medesima destra semiplicate, non estese.
VIII. La Percussione del petto, si guardi, che non si faccia strepitosa, ma leggiera, e divota; nè si faccia con pugno chiuso, nè con mano aperta; ma colle punte delle dita della man destra, per modo unite, che vengano tutte unitamente à toccare il petto, quando si batte: La sinistra intanto và pur tenuta applicata al petto circa la cinta, come si disse del segnarsi. Anzi questa sinistra, si ha per regola generale, di tenerla sempre così, quando colla destra si fa qualunque azione, cui non debba la sinistra cooperare, nè altro allora debba ella fare.
IX. Quanto agli occhi, aut ad rem aut ad terram, questa è regola infallibile.
X. I Baci sono di due sorte: uno Fisico, l’altro Morale: Il primo è, quando attualmente colle labbra si attinge la cosa, che vuol baciarsi: Il secondo, quando solo si fa l’atto di baciare senza toccare la cosa colle labbra. Quando il Bacio è misterioso, ò di divozione, và fatto fisico, con procurare però, che sia leggiero, e riverente, non sonoro, ed affettato. Quando il Bacio è di cerimonia, ò civiltà, allora basta il morale, come avviene in porgere il Cherico qualunque cosa al Celebrante, ed in ripigliarla da quello.
XI. Circa la Conversione della vita, deve il Cherico, tutte le volte, che occorre, rivolgersi per modo, che mai non venga à voltare le reni all’Altare, nè al Celebrante.
XII. Il Luogo finalmente del Cherico all’Altare regolarmente suol’essere quella parte, dove non è il Libro, s’egli non ha impiego veruno, che l’obblighi à stare altrove.
Cfr. B. Riceputi, Il Ministro della Messa privata, in V. M. Orsini, Opuscula varia variis temporibus pro Beneventana Archidioecesi vel calamo, vel jussu Fr. Vincentii Mariae Ordinis Praedicatorum S. R. E. Cardinalis Ursini Archiepiscopi, nunc Sanctissimi Domini Nostri Papae Benedicti XIII. In lucem edita In unum tandem collecta, novisque typis excusa, Romae, Typis Rocchi Bernabò, 1726, Sumptibus Francisci Giannini Suae Sanctitatis Bibliopolae, pp. 114-116; è stata mantenuta l’ortografia originale.