La scorsa estate si sono verificati in Italia casi di abusi liturgici particolarmente eclatanti, al punto da suscitare proteste e scandalo nella parte più sana dell’opinione pubblica, e attirare l’attenzione dei media.
Ci riferiamo alla messa detta in mare, su di un materassino di gomma adattato ad «altare», da un prete ambrosiano in costume da bagno: le immagini sono girate sul web provocando reazioni in tutto il mondo, e per quanto avvenuto finalmente è stata aperta un’inchiesta dall’autorità giudiziaria.
Anche peggio la messa di un prete-ciclista della diocesi di Brescia, che ha avuto il coraggio di celebrare a fantasia, in mudande con sopra la stola arcobaleno, su di uno squallido tavolo, peraltro non così dissimile da quelli che si vedono collocati davanti agli altari maggiori delle chiese, solo che senza tovaglie. Davanti a una – è il caso di dirlo – marea montante di proteste, i vescovi diocesani di entrambi i celebranti li hanno redarguiti pubblicamente.
Inoltre è stata diffusa sul web una immagine che ritrae il rev. Andrea De Foglio – oggi viceparroco alla chiesa di S. Rocco in Avezzano (L’Aquila) dopo aver ricoperto e lasciato diversi incarichi nella diocesi dei Marsi – in sagrestia parato per celebrare, in compagnia di tre chierici o ministranti in camice di terital con zip e di un cane, sembra un border collie, rivestito dello stesso tipo di camice.
Nel 1989 il bollettino di Una Voce pubblicava una nota dal titolo per l’appunto «Cani in chiesa», dedicata alle liturgie per cani e altri animali non umani di un allora discusso parroco romano. Ne riportiamo il testo:
Trattati spesso come cani, i tradizionalisti possono ora invocare a proprio favore l’esempio del parroco della chiesa romana di S. Giovanni dei Fiorentini che ai cani, quelli a quattro zampe (e ai gatti, ai canarini, alle tartarughe, ecc.), ha aperto le porte della chiesa, celebrando per loro almeno una volta all’anno una speciale «Liturgia». L’iniziativa ha suscitato poche critiche e molti consensi.
Le liturgie per cani? Può essere un’idea, equità vuole però che la si applichi anche a quei «cani» dei fedeli tradizionalisti! («Una Voce Notiziario», 90, 1989, p. 13).
Davanti all’immagine del cane in camice, a quelle delle due messe sopra menzionate e di tante altre, qualcuno potrebbe pensare a una «liturgia da cani», più che «per cani». Va detto comunque che i cani a quattro zampe non sono responsabili delle azioni dei propri padroni e dei di loro parroci o viceparroci.
Quanto ai «cani-tradizionalisti», inteso nel senso dei cristiani che chiedono la liturgia romana tradizionale, anche se la situazione non è oggi la stessa del 1989, continuano a esistere, anzi hanno rialzato la testa coloro che non vogliono farli entrare in chiesa.
Cfr. «Una Voce Notiziario», 87-88 ns, 2022-2023, pp. 18-19 link