Card. Prospero Lambertini / Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa 42-43
[Manipolo]
XLII. Il quarto sacro indumento è il manipolo, l’etimologia della qual parola viene additata da Willelmo Britto nel Vocabolario «Manipulus
est ornamentum manus». Il manipolo è aggiunta de’ tempi bassi; non facendosene menzione dagli antichi Padri o rituali fra le vesti sacre. Avevano i sacerdoti ne’ primi secoli un fazzoletto legato al braccio sinistro, con cui celebrando la messa, asciugavano il sudore e ciò che calava dal naso; e questo fazzoletto chiamavasi ancora fanone, la qual voce è voce sassonica che significa una cosa stessa come ben accenna il Vossio nel lib. 2 De vitiis sermonis al cap. 7. Questo fazzoletto ossia questo fanone non fu così proprio de’ sacerdoti che anche non fosse adoperato da’ chierici nel servire all’altare. Pretesero i chierici della Chiesa romana di dover essere soli a servirsi di questo fazzoletto: ed essendo nata per questo controversia fra essi ed i chierici della Chiesa di Ravenna, il pontefice s. Gregorio per non disgustare Giovanni arcivescovo della detta città concesse come speciale prerogativa ai di lui primi diaconi, quando egli celebrava, il poter ritenere nel braccio sinistro il fazzoletto, di cui parliamo, come si deduce dalla lettera di quel pontefice, la 54 a Giovanni arcivescovo di Ravenna lib. 2. Ecco le parole di Giovanni arcivescovo di Ravenna per difendere l’uso de’ chierici della sua chiesa: «Quia quoties ad episcopatus ordinationem, seu responsi, sacerdotes et levitae Ecclesiae Ravennatis Romam venerunt, quod omnes in oculis decessorum vestrorum cum mappulis sine reprehensione aliqua procedebant. Quare eo tempore quo isthic a praedecessore vestro peccator ordinatus sum, cuncti presbyteri et diaconi mei in obsequium Domini papae mecum procedentes usi sunt». Ecco le parole della benigna concessione di s. Gregorio: «Illud autem, quod pro utendis a clero vestro mappulis scripsistis a nostris est clericis fortiter obviatum, dicentibus, nulli hoc unquam alii cuilibet Ecclesiae concessum fuisse. Sed nos servantes honorem fraternitatis tuae licet contra voluntatem cleri nostri, primis diaconibus vestris in obsequio dumtaxat tuo mappulis uti permittimus. Alio autem tempore, vel alias personas hoc agere vehementissime prohibemus».
XLIII. Durò l’uso di questo fazzoletto, fintantochè ad esso fu surrogato il manipolo, come ornamento, che perciò è della stessa materia, e fattura della stola e della pianeta. Visse Amalario nel secolo nono, e parlando esso del fazzoletto, il cardinal Bona nel lib. 1 Rer. liturgic. al cap. 24 num. 5 vuole, che nel secolo decimo al fazzoletto fosse sostituito il manipolo. Il P. Merati al tom. 1, part. 1ª pag. 321 num. 25 pretende essere più antica la sostituzione del manipolo al fazzoletto, ritrovandosene memoria nel secolo ottavo. Il P. Le Brun al tom. 1 pag. 47 e 48 ed il Vert al tom. 2 pag. 311 e seguenti ascrivono l’introduzione del
manipolo al secolo duodecimo; riconoscendo Ivone Carnotense scrittore del secolo undecimo, come anche vigente l’uso del fazzoletto, conforme si vede nel libro De significatione indumentorum sacerdotalium, ove così lasciò scritto: «in sinistra manu ponitur quaedam mappula, quae saepe fluentem oculorum pituitam tergat, et oculorum lippitudinem removeat». Può ciascheduno sopra questo punto abbracciare quel sentimento che più gli piace: credendo noi assai difficile il fissare quest’epoche e credendo di più, che essendosi introdotte queste, e simili altre cose a poco a poco, possa esser vero ciò, che da ciascheduno si dice, non già in ordine all’uso universale, ma in ordine all’uso di que’ luoghi particolari, de’ quali produce i documenti. Oggi il manipolo si mette da’ sacerdoti semplici prima della stola. I vescovi non lo mettono per ordinario, che dopo il confiteor, che recitano all’altare. Lo stesso facevasi una volta da tutti i preti: mentre essendo, come abbasso vedremo, in que’ tempi la pianeta, una veste che non era aperta dalla parte de’ bracci, ma che dal collo continuava intera sino ai piedi, e non ripiegandosi solto le braccia, che dopo il confiteor, in
quell’occasione mettevasi il manipolo al braccio sinistro, che per l’alzata, e pel ripiegamento della pianeta sopra le braccia restava libero. Veggansi il Vert nel tomo 3 pag. 31 e seguenti, ed il P. Merati nel luogo citato al num. 26. E perchè il Vert parla poco bene del simbolo del manipolo, del quale più abbasso si tratterà, pel motivo, che se ne vede l’origine, la quale è tutta appoggiata al naturale, il grave scrittore monsignor vescovo una volta di Soisson, ed ora arcivescovo di Sens, nel suo Trattato contro il Vert al § 54 scrive, esser d’uopo distinguere i tempi, e non confondere un tempo coll’altro; essendo stato una volta il manipolo istrumento di pura necessità, ed essendo dipoi diventato un simbolo, quando
cominciò a mettersi fra i sacri indumenti. Corrisponde il nostro manipolo all’epimanicion de’ greci, del quale tratta il Goar nelle Note alla Liturgia di S. Giovanni Grisostomo al num. 12, e tanto i greci, quanto i maroniti portano due manipoli, uno per braccio, conforme attesta il Magri nel suo Vocabolario ecclesiastico alla parola manipulus.
Cfr. P. Lambertini, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della messa secondo l’ordine del Calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, pp. 38-39.