Omnípotens sempitérne Deus, qui humáno géneri, ad imitándum humilitátis exémplum, Salvatórem nostrum carnem súmere et crucem subíre fecísti: concéde propítius; ut et patiéntiæ ipsíus habére documénta et resurrectiónis consórtia mereámur. Per eúndem Dóminum.
La colletta è d’una squisitezza di composizione che rivela l’aureo periodo della liturgia romana: “O Dio onnipotente ed eterno, che a dare al genere umano un esempio d’umiltà da imitarsi, disponesti che il Salvatore nostro s’incarnasse e subisse il supplizio della Croce, ci concedi d’accogliere fruttuosamente l’insegnamento della sua pazienza, onde essere a parte della sua risurrezione”.
Ecco qui spiegato tutto il significato del sacro rito che dovrà compiersi durante questa settimana. Gesù crocifisso è come un libro nel quale l’anima legge tutto quello che Dio desidera da lei per divenir santa. La frase della colletta: patientiae ipsius habere documenta perde molto in energia quando viene tradotta in italiano. Essa significa che dobbiamo realizzare nella nostra vita quelle lezioni di sofferenza e di espiazione che Gesù c’impartisce dalla cattedra della croce. Viene infine la speranza della risurrezione, che la Chiesa non vuol mai disgiunta dalle sofferenze del Golgota.
Card. A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, p. 187.