Quest’oggi non v’era colletta, forse perché la basilica Balbiniana si ergeva solitaria sull’estremo Aventino, né aveva vicina alcun’altra chiesa dalla quale potesse muovere la processione stazionale.
La fondatrice del titulus Balbinae, – sacro un tempo al divin Redentore, prima che togliesse il nome dalla martire Balbina sepolta in Pretestato – forse è quella medesima matrona Balbina, da cui prende il nome un’area della vasta necropoli Callistiana. Sembra infatti che l’odierna liturgia colla narrazione della vedova di Sarephta che alloggia in casa Elia, abbia voluto come prestare omaggio alla fede di codesta Balbina, che in sul tramonto del IV secolo trasforma il suo palazzo in Titolo, e v’accoglie il Salvatore.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, p. 85.