Fu fondato o rifabbricato sotto Celestino I da un tal prete Pietro illirico, ma vi dovette aver parte anche una certa antica Sabina, così che da lei appunto prese nome la basilica, prima ancora che vi si trasportasse l’omonima martire Sabina dell’area Vindiciani.
Gregorio Magno vi intimò la sua famosa litania septiformis di penitenza, e nel medio evo l’annessa abitazione servi più volte di dimora al Pontefice. Vi abitava appunto papa Silverio quando venne esiliato da Roma da Belisario; Onorio III (Savelli) la munì di mura e di torri in parte ancor superstiti; tanto che alla morte di Onorio IV i cardinali vi si adunarono in conclave, il quale durò circa un anno.
Dopo questo tempo, il prestigio della residenza pontificia sull’Aventino venne a poco a poco a scemare, cosi che l’antico palazzo turrito divenne finalmente placido asilo dei frati Predicatori, che ancor oggi additano con venerazione al visitatore le celle santificate già dalla dimora di san Domenico e di san Pio V. Sotto l’altare maggiore, insieme colle ossa di santa Sabina e di santa Serapia, si custodiscono le reliquie dei martiri di Ficulea sulla via Nomentana, Alessandro, Evenzio e Teodulo.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 41-42.