La basilica ove oggi si adunava il popolo per la prima colletta innanzi alla processione, è quella che anche ora si eleva all’altro capo del ponte senatorio, nella regione del Velabro.
Il titulus Caeciliae sorge in Trastevere, nella stessa casa della Martire. Recenti scoperte hanno restituita alla luce gran parte di queste aule romane, ove Cecilia convertì prima alla fede lo sposo Valeriano e il cognato Tiburzio, e che poi santificò col suo martirio. Nel 1595 fu aperto sotto l’altare maggiore il sarcofago che racchiudeva la sua spoglia verginale, e questa fu ritrovata nella medesima positura che aveva presa dopo il colpo del carnefice, adagiata su d’un fianco, colle braccia distese lungo il corpo e le ginocchia leggermente piegate. Vestiva abiti preziosi intessuti d’oro, ma sotto quei serici drappi si poterono sentire i nodi del cilicio col quale, giusta gli Atti, Cecilia teneva in freno la propria carne. Accanto a lei, ma in sarcofagi distinti, Pasquale I depose i corpi dei martiri Tiburzio, Valeriano, Massimo, e dei papi Lucio ed Urbano.
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, p. 87.