Fin dai tempi di Gelasio I questo giorno in Roma era destinato alle sacre Ordinazioni. Siccome però queste importavano il gran digiuno colla Pannuchis presso la tomba di san Pietro, e di regola non si celebravano che all’alba della domenica, così è probabile che in origine questo sabato fosse aliturgico, come sempre si usava quando in Roma seguiva la veglia domenicale. La stazione a San Lorenzo segnata dagli antichi Sacramentari valeva quindi solo per gli anni in cui il Papa non avesse da ordinare alcun presbitero o diacono titolare, giacché in ogni caso l’iniziazione dei sacri ministri non poteva avvenire che presso la tomba apostolica del Vaticano.
La sinassi all’Agro Verano, quando poteva celebrarsi, sembra essere stata in relazione colla preparazione dei catecumeni al battesimo. Dopo gli scrutinii compiuti a San Paolo, bisognava pur condurre queste vergini reclute della Chiesa alla tomba di Lorenzo, il glorioso stauroforo della Sede Apostolica. Esse vi ritorneranno dopo la loro iniziazione, il mercoledì di Pasqua, ma è conveniente di sollecitare sin d’ora il suo patrocinio.
Nel medio evo avanzato, essendo scomparsa la disciplina del catecumenato e riuscendo non poco incomoda la processione all’Agro Verano durante i giorni così incerti dell’acquoso mese di marzo, a San Lorenzo fu sostituita la Chiesa di San Nicola in Carcere, che era tra le più popolari della Città, massime dopo che i Pierleoni vi ebbero eretto a lato il loro castello.
D’una sessantina almeno tra cappelle e chiese dedicate anticamente al Taumaturgo di Mira, quella del Foro Olitorio fu la più celebre, perché era altresì un titolo diaconale. Esso sorge sugli avanzi del tempio della Pietà eretto nel 604 dal console Acilio Glabrione, e si denomina in carcere, perché dal tempo di Plinio sino almeno al secolo viii ivi sorgeva una pubblica prigione, confusa a torto col Tullianum del colle Capitolino. Sotto l’altare maggiore si venerano parte dei corpi dei Martiri della via Portuense Faustino e Viatrice, e la chiesa fu riconsacrata da Onorio II il 12 maggio 1128.
La basilica in cui oggi si aduna la colletta fu dedicata in origine all’apostolo san Paolo, ma in seguito prevalse il nome di Sant’Angelo coll’aggiunta in piscina in piscibus, dal mercato di pesce che vi si teneva sin quasi ai giorni nostri. La sua origine è certamente anteriore al secolo viii, giacché si sa che Teodoro, zio d’Adriano I, la riedificò dalle fondamenta. Vi si conservano molte sacre reliquie, tra cui i corpi dei martiri Tiburtini figli di santa Sinforosa.
La messa s’ispira ai pii sentimenti che dovevano provare in cuor loro i catecumeni man mano che si avvicinava il giorno del santo Battesimo. Il Vangelo tratta nuovamente della luce interiore del santo Vangelo, tema che sembra ormai divenuto convenzionale presso il sepolcro del Martire che colle fiamme del suo rogo diradò da Roma le tenebre dell’idolatria.
da A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, Marietti, 1933, pp. 146-147.