Mentre le altre feste dell’anno, il Natale, l’Epifania, la Pentecoste, duravano per gli antichi appena tre o quattro giorni, la caratteristica della solennità pasquale si era, che essa si protraeva per tutta una settimana, terminando il sabato in Albis, affinché poi la domenica seguente i neofiti deponessero le bianche tuniche battesimali. Durante tutto questo tempo, a Roma era come una festa continua; si sospendevano gli affari, erano chiusi i tribunali, venivano rimandate le nozze ad altro tempo; ogni mattina si andava a celebrare la stazione alle basiliche più celebri della città, mentre nel pomeriggio il popolo si raccoglieva nuovamente nella basilica Lateranense, per indi accompagnare i neofiti in processione al battistero e ai vari oratori che inghirlandavano quel santuario.
Dopo la stazione di ieri a Santa Maria Maggiore, oggi bisogna andar subito a San Pietro, sia perché conviene affrettarsi a condurre al Pastor Ecclesiae coloro che nella liturgia vengono chiamati Agni novelli, qui annuntiaverunt alleluia1, sia ancora perché, tra gli Apostoli, san Pietro fu il primo che meritò di vedere il Redentore risorto. Le lezioni scritturali della messa e il responsorio dell’Ufficio vespertino, Surrexit Dominus vere et apparuit Simoni2 ci attestano perciò la viva fede dell’Apostolo, in casa del quale la Chiesa Romana vuol quasi rinnovare quest’oggi la festa pasquale.
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1 «I nuovi agnellini che recarono l’annunzio dell’Alleluia».
2 «Il Signore è risorto veramente ed è apparso a Simone» Luc. xxiv, 34
Cfr. A. I. Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – IV. Il Battesimo nello Spirito e nel fuoco (La Sacra Liturgia durante il ciclo Pasquale), Torino-Roma, Marietti, 1930, p. 78.