La scomparsa di Cristina Campo ha suscitato nei circoli di UNA VOCE, in tutta l’Italia, una impressione di sgomento doloroso.
Ancora giovane e carica di energie che la mantenevano in una vibrazione continua, è morta quasi d’improvviso, avendo conservato fino all’ultimo estremo la volontà di operare, specie nei settori dove aveva dato prova di vasta cultura e di intelligenza affascinante. Si può ben dire che le sue peculiarità consistessero principalmente nella cultura e nella intelligenza, che riusciva ad adoperare con arte non di rado vicina al magistero.
Il sapere, come categoria dello spirito, e la felice capacità di manovrarlo, l’aveva portata a una concezione aristocratica del mondo, che praticava lei stessa con un rigore che non conosceva cedimento. Nell’abominevole, degradante democrazia populista che infesta la società attuale, il culto da lei professato per i valori e per le gerarchie dell’Essere, appariva un punto di riferimento provvidenziale a chi, per avventura, fosse in procinto di smarrire la buona strada; ma suonava anche aspro disprezzo verso la spavalderia che insorge dagli infimi strati della ignoranza.
Più che i fasti di una cultura accademica, Cristina perseguiva la cultura dell’anima. Di qui, la sua profonda attrazione verso la teologia universale, verso le sue forme liturgiche più complesse e i suoi simboli traboccanti di mistero: materie nelle quali era ferratissima, tanto da tener testa, quando occorresse, a qualsiasi «specialista», laico o religioso, in vena d’insensata profanazione. Una profonda religiosità traspare dalle opere che andò pubblicando, per lo più introduzioni, commenti, guide a testi sacri, o ad avvenimenti terribili del passato e del presente – dall’insondabile mistero della Città di rame, alla sublime umiltà del Pellegrino russo; dalla cruenta caduta del Montezuma e del suo impero ad opera della selvaggia sete di potere spagnola, alla impressionante marcia dei Tibetani verso l’India, costretti a lasciare il loro gloriosissimo Regno religioso dalla feroce ignoranza comunista cinese, – questi commenti di Cristina a fatti tanto tremendi, finivano per diventare essi stessi opere di alto pregio letterario, esposte con stile di rara preziosità, in cui, accanto allo scintillio della parola, rifulge il lampo della sintesi, così come accade nelle prose di rarefatta meditazione raccolte nel suo ultimo volume, Il flauto e il tappeto.
Basterà questo accenno, qui, alla sua attività letteraria. Per noi, Vittoria Guerrini, detta Cristina Campo, è la fondatrice di UNA VOCE – Italia. Chi non ha vissuto le indimenticabili giornate del 1966, quando di fronte al nemico che avanzava massiccio, spinto contro la Chiesa di sempre da frenetici fermenti lercariani, si ergeva soltanto una fragile e già ammalata giovane donna a fare barriera; chi non l’ha veduta battersi tamquam leo contro le orde che ingrossavano la sacrilega rivolta clericale, adoperando più che la sua nota acutissima dialettica, una preparazione teologale superiore a quella di qualche presule; chi non le è stato accanto allora, non può immaginare la somma di lavoro compiuta da lei per conferire a UNA VOCE la salda struttura organica e il carattere distinto, anticonformista che ha conservato.
E’ la memoria di quegli anni che ce la rende cara: lei, non troppo proclive alle espansioni affettuose; lei, di umore non costante, capace di sottrarsi con inspiegabili sprezzature all’affetto di chi la prediligeva; lei, avvolta nelle spire di una personalità complessa eppure adamantina. Non potremo più dimenticarla. Che Dio le largisca, ora, la pace e plachi il suo spirito inquieto in una serenità eterna. Questo è il nostro voto.
Fra i vari, numerosi, giornali che hanno rievocato la figura e la personalità di Cristina Campo, ci piace qui riportare le commosse parole dedicatele da L’Ordine di Como (13 gennaio 1977).
«In tanti anni non abbiamo mai incontrato Cristina Campo (Vittoria Guerrini) che nel movimento liturgico “Una Voce” ha rappresentato la parola più fine, il gusto più aristocratico, la competenza più forte per “quel senso del mistero” che il 90 per cento dei liturgisti non conoscono. Con Elemire Zolla, Cristina Campo è stata un’incantevole suscitatrice di cenni e di scoperte, perché, nel mondo delle religioni comparate e nella ricerca delle anime assetate, s’era fatto un intuito infallibile. Ioshua Heschel deve a lei le migliori spinte, e il riecheggiare delle similitudini simboliche come alone intorno all’ortodossia più sicura e alla vitalità più feconda della tradizione e dell’attesa noi l’abbiamo imparato da lei. Che, certo, leggendo L’Ordine avrà avuto compassione della nostra fatica maldestra nello “spezzare un pane” di cui lei conosceva l’aroma più segreto e salvava le briciole adorandovi una “presenza” che la Chiesa adorò sempre e che oggi i più trascurano. La pregheremo come una santa: una creatura che, morendo il giorno di sant’Aldo eremita (come è stato notato dai giornali) fece capire come “dalla solitudine in comunione” quaggiù spiccasse il volo per quella “beatitudine di fiumana” lassù! Come se un flauto avesse suonato per lei, e lei salisse senza tappeto: per la levità dell’ostia su una nota!»
Cfr. «Una Voce Notiziario», 34-35, 1977, pp. 23-24; riprodotto ivi, 76-79 ns, 2020, pp. 18-19.
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10 gennaio 1977 – 10 gennaio 2022, quarantacinque anni dalla morte di Cristina Campo. Il testo di questo necrologio – pubblicato allora sul bollettino nazionale non firmato ma scritto da Carlo Belli, all’epoca presidente nazionale – oggi come ieri rimane l’espressione del sentimento inconcusso della nostra Associazione verso Chi la ha concepita e fatta vivere, e verso i suoi ideali. «Per noi, Vittoria Guerrini, detta Cristina Campo, è la fondatrice di UNA VOCE – Italia».