Specialmente negli ultimi anni, fioccano numerose le lodevoli iniziative di pellegrinaggi «della tradizione» nei santuari e nei luoghi di culto più cari alla cristianità, culminanti con la celebrazione del divin sagrifizio nella forma tradizionale della liturgia romana. Se tali iniziative sono da salutare come ammirevoli e meritorie, non sempre impeccabile è tuttavia l’organizzazione liturgica degli stessi per quanto concerne l’osservanza scrupolosa delle rubriche, e particolarmente di quale Messa si debba celebrare. Ciò avviene a detrimento del pellegrinaggio stesso, venendo meno quell’esattezza delle sacre cerimonie che, giusta le parole dell’insigne liturgista padre Giuseppe Baldeschi, «dà tale risalto e maestà all’ecclesiastiche funzioni, che ne restano eccitati a divozione non meno i fedeli che i nemici stessi della cattolica religione».
Imperciocché usualmente tali pellegrinaggi si tengono in sabato, in quanto in tal data è possibile una maggior partecipazione dei fedeli, si è ampiamente diffusa la pratica di celebrare indistintamente una Messa votiva della Beata Vergine Maria, essendo il sabato il giorno tradizionalmente dedicato dalla devozione occidentale agli esercizi di pietà in onore della Madre di Dio, sovente appellata, e non di rado in modo generalista e scorretto, come «Messa di santa Maria in sabato». Questa scelta, che di norma si compie per l’influsso che il devozionismo da un paio di secoli almeno esercita sulla liturgia (1), è da riprovare in tutti quei (numerosissimi) casi in cui detta Messa votiva sia proibita dalle rubriche.
«In Sabbatis non impeditis Festo Duplici vel Semiduplici, Octava, Vigilia, Feria Quadragesimae vel Quatuor Temporum, vel officio alicujus Dominicae, quae supersit, in praecedens Sabbatum translato, dicitur Missa de sancta Maria secundum varietatem temporum, ut in fine Missalis ponitur» (2).
Queste indicazioni (riportate in Rubricae generales Missalis Romani, IV) sono da seguirsi scrupolosamente. La ricorrenza di santa Maria in sabato, si noti inoltre, è dotata di un proprio ufficio e sostituisce in toto l’ufficio della feria del sabato in cui non ricorra alcuno dei casi sopraelencati. Non è dunque propriamente una «Messa votiva», quantunque sottostia a molteplici delle norme ad esse relative, e ciò si può intuire dal fatto che in essa sia previsto il canto del Gloria, a differenza di quanto avviene in tutte le altre messe votive, comprese quelle che tengono il posto della Messa conventuale.
Altro discorso, ben distinto dalla memoria di santa Maria in sabato, è la «Messa votiva della Madonna», che può celebrarsi in qualsiasi giorno (e non solo in sabato), purché rispettando la seguente e limitativa norma, che si applica a tutte le messe votive, in onore di Nostro Signore, della Madre di Dio, della Trinità, dello Spirito Santo o di un qualsiasi santo iscritto nel Martirologio (3):
«Missae votivae cantatae, etiam pro re non gravi, permittuntur quandocumque non occurrit Officium duplex, vel Dominica quaevis, licet anticipata vel, etiam quoad Officium, reposita; … Prohibentur: 1. In feria IV cinerum et feriis Majoris Hebdomadae
2. In vigiliis Nativitatis, Epiphaniae et Pentecostes; 3. Infra Octavas Nativitatis, Epiphaniae, Paschatis, Ascensionis, Pentecostis et Corporis Christi, aliasque octavas alicubi privilegiatas; 4. Diebus octavis simplicibus, etiamsi tantum commemoratis; 5. Diebus, in quo primo resumitur missa Dominicae impeditae; 6. In ecclesiis unam tantum missam habentibus, diebus Rogationum, si fiat processio, et ubi cujuslibet missae conventualis onus urgeat, cui per alios sacerdotes satisfieri nequeat» (4).
Si osserva che queste rubriche si riferiscono alla Messa cantata (essendo questa generalmente celebrata in occasione di pellegrinaggi); per la messa privata le rubriche sono più restrittive, e includono nella proibizione tutte le vigilie, le ferie delle Quattro Tempora, le ferie d’Avvento dal 17 al 23 dicembre inclusive, tutta la Quaresima e il lunedì delle Rogazioni.
Come si noterà, per poter celebrare una Messa votiva occorre scegliere un giorno in cui ricorra un ufficio al massimo semidoppio, e tali giorni costituiscono una minima parte del Calendario Romano. La restrizione è ancora maggiore dopo l’aggiornamento del 1962, dacché il doppio e il semidoppio confluiscono nella III classe, e la Messa votiva è proibita nelle feste di detta classe.
A ciò si aggiunga che – dacché le rubriche richiedono comunque, anche quando permessa, una causa ragionevole per celebrare la Messa votiva – la logica e il buonsenso impongono, nel caso in cui si faccia un pellegrinaggio verbigrazia a un Santuario della santa Croce oppure di alcuni santi Martiri, di celebrare (sempre se consentito dalle suddette rubriche) la Messa votiva del titolo del Santuario in cui ci si reca, e non già quella della Madonna per pura devozione. Questa scelta, benché non sia esplicitamente indirizzata da rubrica veruna, si può ricavare dalla norma di seguito esposta.
Moltissimi luoghi di pellegrinaggio, in virtù del gran numero di pellegrini affluentivi, hanno ottenuto dalla Santa Sede il permesso di celebrare al suo interno una «Messa votiva del Santuario». Tale possibilità, concessa ab immemorabili per alcuni luoghi (essempligrazia, i luoghi della vita di Nostro Signore in Terra Santa, che hanno messe votive proprie speciali), è menzionata espressamente nel Codice delle Rubriche del 1960 (nn. 375-376, cfr. Rubricae generales Missalis Romani dell’edizione 1962). La Messa votiva celebrata in questi luoghi pii è classificata come di II classe secondo il nuovo Codice delle Rubriche, ed è quella del titolo del Santuario. Talora, se il titolo fosse stato un mistero della vita del Signore o della Madonna, veniva concesso di celebrare la Messa votiva di quel mistero (cosa ordinariamente vietata): per esempio, il mistero della Presentazione della Vergine nella Basilica della Salute in Venezia. Tale concessione è comunque strettamente legata al luogo e a un permesso esplicito, tuttavia ci fornisce alcune indicazioni di carattere generale (per esempio, il fatto che la Messa votiva del santuario sia quella del titolo).
Infine, bisogna trattare della Messa votiva pro re gravi et causa simul publica, cioè quella che può liberamente celebrarsi in qualsiasi giorno fuorché nelle feste doppie di I classe, nelle domeniche di I classe, nelle ferie privilegiate (Ceneri e Settimana Santa), nelle vigilie di Natale e Pentecoste e nella commemorazione di tutti i fedeli defunti. Moltissime Messe votive oggidì celebrate in occasione di pellegrinaggi vel similia rispondono teoricamente alle rubriche della Messa pro re gravi; tuttavia, questa Messa non si può celebrare a discrezione del singolo sacerdote, ma presuppone dei requisiti:
1. Res gravis: i decreti della Sacra Congregazione dei Riti affermano esservi questo requisito «quando implorandum sit divinum auxilium in urgenti aliqua necessitate, aut gratiae agendae pro insignibus beneficiis obtentis». Il motivo grave condiziona anche la scelta della Messa votiva: se questa vien cantata per implorare l’aiuto divino, potrebbe essere logico cantare una delle numerose messe votive pro quacumque necessitate contenute alla fine del messale. Se invece è di ringraziamento, alla Messa votiva (della Trinità, dello Spirito Santo, della Beata Vergine Maria o di un qualsiasi santo iscritto nel martirologio) dovrebbe aggiungersi l’orazione pro gratiarum actione.
2. Causa publica: per definire questa condizione sfruttiamo l’interpretazione che ne dà il liturgista barnabita Bartolomeo Gavanto, ovvero che la causa sia pubblica «an pertineat, vel per se, vel per accidens, notabiliter ad communitatem, vel saltem ejus partem». Un pellegrinaggio che coinvolga una notevole quantità di fedeli dunque soddisferebbe a questo requisito.
3. Mandatus vel consensus Ordinarii loci: non è possibile cantare una Messa votiva pro re gravi senza il permesso, almeno implicito, dell’Ordinario locale; sarebbe un abuso farlo in assenza di questo. Il parroco può permettere la Messa votiva per causa grave nella sua parrocchia senza ricorrere al vescovo solo se detta causa sia imminente e non vi sia tempo di contattare l’Ordinario.
Occorre infine rilevare alcuni importati aspetti concernenti l’ordinamento della Messa votiva: la Messa privata, così come quella cantata pro re non gravi, vengono celebrate senza il Gloria e il Credo, con il tono feriale e il Benedicamus Domino in fine: uniche eccezioni sono la messa votiva degli Angeli e la messa di santa Maria in sabato, che hanno il Gloria; tuttavia si è visto che quest’ultima non è esattamente una Messa votiva. La Messa votiva pro re gravi invece ha il Gloria (se previsto dall’ordinamento della Messa: se si tratta, ad esempio, di una Messa contra paganos, in paramenti viola, non avrà l’Inno angelico) e il Credo, e s’impiegherà il tono festivo. Tuttavia, il Codice delle Rubriche del 1960 ha apportato una modifica a questo punto, limitando il Credo alle sole messe votive di I classe (cioè quelle in occasione della Dedicazione di una Chiesa, di un Congresso Eucaristico, oppure di tridui, ottavari, centenari e altre consimili celebrazioni straordinarie indette dall’Ordinario); per chi segue dunque il messale del 1962, tanto la Messa votiva pro re gravi, quanto la Messa votiva «del Santuario», essendo ambedue di II classe, vanno cantate senza il Credo.
Nelle precedenti righe si è trattato essenzialmente dei casi principali in cui può imbattersi l’organizzatore di pellegrinaggi: la casistica delle Messe votive è molto variegata e complessa e non è certo esaurita da tale trattazione, che non menziona ad esempio le Messe degli sposi, le Messe votive permesse il primo giovedì (in onore di Cristo Sommo Sacerdote) e il primo venerdì (in onore del Sacro Cuore) del mese ove si tengano particolari esercizi di pietà, le solennità esterne, gli anniversari, ecc. ecc. Tuttavia, i lineamenti generali e i principi fondamentali sono stati espressi con chiarezza.
Confidando nell’ampio accoglimento tanto delle norme cogenti quanto dei principi di buonsenso testé espressi, ci permettiamo in ultima istanza di segnalare come il culto liturgico sia scandito temporalmente da un calendario, ovvero da un Proprio del Tempo e da un Proprio dei Santi, il cui armonico disporsi lungo l’anno costituisce un ripercorrersi della storia della salvezza cui l’atto liturgico è imprescindibilmente legato. Perciò, a nostro modesto avviso, fatta salva la sussistenza di peculiari necessità, non dovrebbe indiscriminatamente preferirsi la celebrazione delle Messe votive a quella delle Messe del giorno, sibbene effettuarsi una ponderata valutazione, che tenga conto anche del calendario particolare della diocesi e della chiesa in cui si celebra la Messa (5), affine di celebrare la Messa che risponda maggiormente allo spirito della sacra liturgia.
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(1) Questo dà origine a una commistione tra il culto privato e il culto pubblico, non rispettando la superiorità che quest’ultimo deve avere sul primo; tale confusione di piani può portare a scivolare nell’eresia pietistica, che porta a considerare la devozione privata come superiore al culto pubblico e ufficiale della Chiesa.
(2) «Ne’ sabati non impediti da una festa doppia o semidoppia, da un’ottava, una vigilia, una feria di Quaresima o delle Quattro Tempora, o dall’ufficio di una Domenica sopravanzata traslato nel sabato antecedente, si dice la Messa di santa Maria secondo la diversità dei tempi, come indicato alla fine del messale».
(3) Sono invece proibite, senza esplicito indulto, le messe votive dei beati.
(4) «Le messe votive cantate, anche per causa non grave, sono permesse ogniqualvolta non occorra un officio doppio, o una qualche Domenica, pur anche anticipata o, per quanto concerne l’Ufficio, riposta; … Sono invece proibite: 1) il mercoledì delle Ceneri e nelle ferie della Settimana Santa; 2) nelle vigilie di Natale, Epifania e Pentecoste; 3) fra l’ottave del Natale, dell’Epifania, della Pasqua, dell’Ascensione, di Pentecoste e del Corpus Domini, e fra l’altre ottave privilegiate del luogo; 4) nei giorni d’ottava semplice, ancorché siano soltanto commemorati; 5) nei giorni in cui si riassume per la prima volta la Messa di una Domenica impedita; 6) nelle chiese ove si tiene una sola Messa, nei giorni delle Rogazioni, qualora si faccia la processione, e dove viga obbligo di messa conventuale, che non può esser soddisfatto da altri sacerdoti». Trattasi di un sunto delle istruzioni contenute in Additiones et Variationes in rubricis Missalis Romani, II, riportato in Kalendarium liturgicum in Archidioecesi Cracoviensi A.D. 1923 servandum.
(5) «In alienis ecclesiis vel oratoriis Missa regulariter debet omnino convenire cum Officio loci, non autem celebrantis»: di ciò si deve tener conto anche nel considerare se sia possibile dire una Messa votiva: oggi 17 luglio è sicuramente possibile dire una Messa votiva ove si celebra sant’Alessio, che è di rito semidoppio, ma non già a Venezia, ove celebrasi la Traslazione di santa Marina con rito doppio maggiore.