Napoli, celebrata in rito tridentino Messa di requiem per il trigesimo di Marco Crisconio

Il 12 dicembre 2022 alla chiesa di S. Ferdinando di Palazzo a Napoli vi è stata la Messa di requiem in rito tridentino per il trigesimo del comm. Marco Crisconio, presidente della locale Sezione e consigliere nazionale di Una Voce Italia.

Ampia partecipazione di soci e amici.

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Pietro Siffrin, Manipolo

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MANIPOLO (Manipulum, mappula, fano, sudarium, mantile, manuale, sestace). –  Indumento liturgico, portato sull’avambraccio sinistro in modo che le due bande pendano da ambedue le parti, confezionato della stessa stoffa della pianeta. Il m. è proprio di tutti gli ordini maggiori, specialmente del suddiaconato, da quando questo cominciò ad essere annoverato fra i maggiori (secoli xi e xii). Si usa, oltre che nella Messa, soltanto all’Epistola e Vangelo nella benedizione delle palme, ed all’Exultet del Sabato Santo; non si usa mai col piviale. Il vescovo mette il m. all’altare dopo aver recitato il Confiteor; il sacerdote dopo il cingolo, prima della stola; i ministri dopo la tunicella o dalmatica.

Il m., d’origine romana, deriva dalla mappa o mappula, una specie di fazzoletto da tasca usato dai nobili romani in certi costumi di gala (le alte cariche dello Stato, p. e. consoli in tenuta di cerimonia come risulta dai dittici consolari), tenuto in mano come oggetto di etichetta e solamente ad ornamento. Questa mappula decorativa venne da quella d’uso comune (Amalario, De eccl. off., II, cap. 24). Non si sa precisamente quando il m. sia entrato a far parte della suppellettile sacra. La prima notizia del m. diaconale si trova nella vita dei papi Silvestro I (314-324) e Zosimo (417-418) del Liber Pontificalis; si chiama «pallium linostimum» un tessuto di pregio, fatto di lana o di seta su trama di filo, dato a titolo di onore, da portarsi sulla mano sinistra. Il m. del Papa occorre nell’Ordo Romanus I (la cui consegna serve a dare segno d’incominciare il canto dell’Introito); il m. del suddiacono nell’Ordo Romanus VI; talvolta anche gli accoliti (Ordo Romanus V) usavano il m. ma non in mano, «in sinistro latere ad cingulum»; ed i monaci cluniacensi nelle feste; ma in seguito l’uso venne riservato ai monaci d’ordine maggiore (suddiaconi ecc.). Il m. era la prerogativa del clero romano, ma da s. Gregorio Magno, per le insistenze di Ravenna, fu concesso anche al solo primo diacono di quella Cattedrale. Nel secolo ix il m. si trova in uso dappertutto nell’Occidente. A Roma è chiamato mappula, fuori di Roma «m.»: quest’ultima denominazione divenne di regola; ricorrono altri nomi: fano (phano-panno) e mantile in Rabano Mauro, sudario in Amalario, sestace a San Gallo.

Fin oltre il 1100 (v. affresco del secolo xi di S. Clemente a Roma) si porta il m. nella mano sinistra; verso il secolo xii-xiii s’incominciò a fissare il m. sull’avambraccio. Il m. ritenne la forma antica di fazzoletto oltre il secolo ix; in seguito, ripiegato su se stesso, venne prendendo a poco a poco la forma di striscia o fascia; sul finire del secolo xiv diviene corrente la forma odierna. Al tempo d’Amalario, era fatto di lana; venne poi usata la seta; alle estremità si mettono frange, talvolta campanelli, ricami o trame in oro. La rubrica del Messale prescrive soltanto l’ornamento con un segno di croce in mezzo. Nel rito greco si trova un indumento corrispondente al m., chiamato encheirion, proprio del solo vescovo, portato a destra nel cingolo, non nella o sulla mano; in seguito trasformato nell’epigonation romboidale (J. Braun [v. bibl.], pp. 550-54).

Bibl.: J. Braun, Die liturgische Gewandungim Occident und Orient nach Ursprung und Entwicklung, Verwendung und Symbolik, Friburgo in Br. 1907, pp. 515-561; L. Eisenhofer, Handbuch der kath. Liturgik, I, ivi 1932, pp. 449-452; M. Righetti, Manuale di storia liturgica, I, Milano 1945, pp. 498-500; T. Klauser, Der Ursprung der bischöflichen Insignien und Ehrenrechte (Bonner akadem. Reden, I), Krefeld 1949, pp. 17-22; A. Alföldi, Insignien und Tracht der römischen Kaiser, in Mitteilungen des deutschen archäologischen Instituts, Röm. Abt., 50 (1935), pp. 1-171.                                   Pietro Siffrin

 

Cfr. Enciclopedia Cattolica, VII, Città del Vaticano, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e il Libro Cattolico, 1951, coll. 1969-1970 (riprodotto in «Una Voce Notiziario», 58-61 ns, 2015-2016, pp. 10-11 link).

 

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[Carlo Belli,] Una figura esemplare

Il 13 maggio scorso1, UNA VOCE-Italia ha sofferto il suo lutto più grave per la morte del Presidente e Fondatore, don Filippo dei Duchi Caffarelli, Balì di Obbedienza del Sovrano Ordine di Malta, Ministro Plenipotenziario, Presidente onorario dell’Accademia Filarmonica Romana, e membro di vari Istituti culturali e di Enti benefici.

Egli si è spento tranquillamente, pur attivo fino agli ultimi giorni, accettando la morte con la convinzione del cattolico che non può essere colto da dubbio sulla realtà della vita eterna. Il suo transito, sostenuto dall’estremo Sacramento, è stato, per quanti erano presenti, una visione di calma e di serenità edificante.

Non occorre davvero che illustriamo a noi stessi la figura di Filippo Caffarelli, personalità notissima non solo tra i Romani, circondato ovunque da vasta cerchia di simpatie e da stima profonda per le sue doti preziose di cultura e di umanità. Fu proprio il desiderio di una più intensa partecipazione al vivere umano, e nello stesso tempo la insopprimibile tendenza agli studi, che gli fece abbandonare, ancora in giovane età, la carriera diplomatica nella quale si era pur distinto per perspicacia e signorilità, in varie sedi, e da ultimo come nostro ministro plenipotenziario a Stoccolma, dove per la sua preparazione e il suo tratto finissimo, aveva stretto numerose amicizie in quei circoli culturali.

Rientrato a Roma, seguì con instancabile zelo soprattutto le due attività cui aveva deciso di dedicarsi. Nel campo degli studi musicali – da cui proveniva, pur essendo laureato in utroque iure, nonché in scienze politiche e perfino esperto in agraria – curò la revisione critica di codici dei secoli XVI e XVII, e condusse con assai apprezzato apporto personale la edizione completa delle opere del Pergolesi, autore cui era particolarmente affezionato. Questa encomiabile attività umanistica era stata da ultimo coronata da una minuta, faticosa ricerca di musicisti italiani noti, meno noti e ignoti, le cui opere giacciono sepolte in archivi e biblioteche straniere. Con l’aiuto dell’apposita «Fondazione Aldobrandini», queste opere, rilevate in microfilms, verranno a costituire un corpus organico a disposizione degli studiosi.

Una così intensa attività culturale, diventava quasi otium supplementare rispetto al lavoro di volontariato che svolgeva giorno per giorno nel campo dell’assisten[1|2]za ospedaliera. Insignito di alta carica nel Militare Ordine di Malta, attendeva con scrupolo e passione al suo compito di Delegato Gran Priorale di Roma: un governo che tenne per lunghi anni con dedizione esemplare. La figura distinta, la patriarcale famiglia che aveva creato, la naturale affabilità dello spirito, lo resero caro a quanti lo conoscevano. E di questa stima e simpatia plebiscitaria di cui godeva si ebbe dimostrazione anche durante la Messa funebre, officiata da don Pablo Colino nella Basilica di San Lorenzo in Lucina, assistito dal Coro gregoriano di «Una Voce». Numerosissimi i membri della nostra Associazione venuti anche da varie città italiane, folte le rappresentanze dei Cavalieri di Malta in uniforme, del Corpo diplomatico, di Istituti culturali, e soprattutto una presenza dilagante di amici e conoscenti, compresi di commozione sincera, profonda.

Rimaniamo, noi di UNA VOCE-Italia con un gran vuoto nelle nostre file. Presidente nel 1966, anno della fondazione, Filippo Caffarelli resse il sodalizio con acuto senso della realtà, senza venir meno alla limpida intransigenza che era l’aspetto più genuino della sua profonda cattolicità; e nonostante questa fondamentale fermezza, seppe evitare, frenare e risolvere malintesi, impazienti attese e tensioni, imprimendo alla nostra condotta quella linea pacata e dignitosa che ci è da tutti riconosciuta, e alla quale l’Associazione intende rimanere fedele nel ricordo della cara, indimenticabile personalità del suo primo Presidente.

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1 1975 [NdR]

 

Cfr. «Una Voce Notiziario», 26-27, 1975, pp. 1-2, ripubblicato ivi, 63-64 ns, 2016, p. 5, e ivi, 76-79 ns, 2020, pp. 17-18.

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Messa in suffragio dei soci defunti

Nel mese di novembre 2022, per le cure dalla Parrocchia personale della Ss.ma Trinità dei Pellegrini in Roma, è stata celebrata una Messa in suffragio di tutti i soci di Una Voce Italia defunti.

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8 dicembre 2022 Immacolata Concezione


Tota pulchra es, María : et mácula originális non est in te

 

8 dicembre sesto delle Idi

Giovedì

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

Doppio di prima classe con Ottava comune. Messa «Gaudens gaudébo».
Seconda orazione della feria (Domenica Seconda di Avvento).

 

Die  8 Decembris

IN  CONCEPTIONE  IMMACULATA

BEATÆ  MARIÆ  VIRGINIS

 Duplex I classis cum Octava communi

Introitus                                                                                                    Is. 61, 10

GAudens gaudébo in Dómino, et exsultábit ánima mea in Deo meo : quia índuit me vestiméntis salútis : et induménto justítiæ circúmdedit me, quasi sponsam ornátam monílibus suis. Ps. 29, 2. Exaltábo te, Dómine, quóniam suscepísti me : nec delectásti inimícos meos super me. V). Glória Patri. Gaudens.

Oratio

DEus, qui per immaculátam Vírginis Conceptiónem dignum Fílio tuo habitáculum præparásti : quaésumus; ut, qui ex morte ejúsdem Filii tui prævísa eam ab omni labe præservásti, nos quoque mundos ejus intercessióne ad te perveníre concédas. Per eúndem Dóminum.

Et fit Commemoratio Feriæ :

Oratio

EXcita, Dómine, corda nostra ad præparándas Unigéniti tui vias : ut, per ejus advéntum, purificátis tibi méntibus servíre mereámur : Qui tecum.

Léctio libri Sapiéntiæ
Prov. 8, 22-35

DÓminus possedit me in inítio viárum suárum, ántequam quidquam fáceret a princípio. Ab ætérno ordináta sum, et ex antíquis, ántequam terra fíeret. Nondum erant abýssi, et ego jam concépta eram : necdum fontes aquárum erúperant : necdum montes gravi mole constíterant : ante colles ego parturiébar : adhuc terram non fécerat et flúmina et cárdines orbis terræ. Quando præparábat cælos, áderam : quando certa lege et gyro vallábat abýssos : quando aéthera firmábat sursum et librábat fontes aquárum : quando circúmdabat mari términum suum et legem ponébat aquis, ne transírent fines suos : quando appendébat fundaménta terræ. Cum eo eram cuncta compónens : et delectábar per síngulos dies, ludens coram eo omni témpore : ludens in orbe terrárum : et delíciæ meæ esse cum filiis hóminum. Nunc ergo, filii, audíte me : Beáti, qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam, et estóte sapiéntes, et nolíte abjícere eam. Beátus homo, qui audit me et qui vígilat ad fores meas cotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam et háuriet salútem a Dómino.

Graduale. Judith 13, 23. Benedícta es tu. Virgo María, a Dómino, Deo excélso, præ ómnibus muliéribus super terram, V). Ibid. 15, 10. Tu glória Jerúsalem, tu lætítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri.

Allelúja, allelúja. V). Cant. 4, 7. Tota pulchra es, María : et mácula originális non est in te. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Lucam                     Luc. 1, 26-28

IN illo témpore : Missus est Angelus Gábriël a Deo in civitátem Galilaéæ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit : Ave, grátia plena; Dóminus tecum : benedícta tu in muliéribus.

Credo, per totam Octavam.

Offertorium. Luc. 1, 28. Ave, María, grátia plena; Dóminus tecum : benedícta tu in muliéribus, allelúja.

Secreta

SAlutárem hóstiam, quam in sollemnitáte immaculátæ Conceptiónis beátæ Vírginis Maríæ tibi, Dómine, offérimus, súscipe et præsta : ut, sicut illam tua grátia præveniénte ab omni labe immúnem profitémur; ita ejus intercessióne a culpis ómnibus liberémur. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio Feriæ :

Secreta

PLacáre, quaésumus, Dómine, humilitátis nostræ précibus et hóstiis : et ubi nulla súppetunt suffrágia meritórun, tuis nobis succúrre præsídiis. Per Dóminum.

Præfatio de B. Maria Virg. Et te in Conceptióne immaculáta : quæ dicitur per totam Octavam in omnibus Missis, quaæ non sint de Tempore neque aliam Præfationem exigant, juxta Rubricas.

PEr ómnia saécula sæculórum.
R). Amen.
V). Dóminus vobíscum.
R). Et cum spíritu tuo.
V). Sursum corda.
R). Habémus ad Dóminum.
V). Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R). Dignum et justum est.

VEre dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper, et ubíque grátias ágere : Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus : Et te in Conceptióne immaculáta beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit : et virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam láudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Cæli, cælorúmque Virtútes, ac beáta Séraphim, sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces, ut admítti júbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes :

Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dóminus Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.

Benedíctus qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Communio. Gloriósa dicta sunt de te, María : quia fecit tibi magna qui potens est.

Postcommunio

SAcraménta quæ súmpsimus, Dómine, Deus noster : illíus in nobis culpæ vúlnera réparent; a qua immaculátam beátæ Maríæ Conceptiónem singuláriter præservásti. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio Feriæ :

Postcommunio

REpléti cibo spirituális alimóniæ, súpplices te, Dómine, deprecámur : ut, hújus participatióne mystérii, dóceas nos terréna despícere et amáre cæléstia. Per Dóminum.

Infra Octavam Missa dicitur ut in Festo, sed pro 3ª Oratione, juxta diversitatem Temporum assignata, dicitur Oratio de Spiritu Sancto.

 

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dom Prosper Guéranger, Le XXV Novembre. Sainte Catherine, Vierge et Martyre.

Gertrude la Grande avait eu dès l’enfance un attrait spécial pour la glorieuse vierge Catherine; un jour qu’elle désirait connaître ses mérites, le Seigneur la lui montra sur un trône si haut et si magnifique, que, n’y eût-il pas eu de plus grande reine dans le ciel, la gloire de celle-ci aurait semblé suffire à le remplir; de sa couronne rejaillissait sur ceux qui l’honoraient une merveilleuse splendeur1. On sait comment la Pucelle d’Orléans, placée par Michel Archange sous la conduite des saintes Catherine et Marguerite, reçut d’elles conseil et assistance durant sept années; comment Sainte-Catherine-de-Fierbois fournit l’épée de la libératrice de la France.

Les croisés d’Occident avaient, dans les xiie et xiiie siècles, éprouvé l’aide puissante de la Martyre d’Alexandrie; ils rapportèrent d’Orient son culte en nos contrées, où lui fut vite acquise une popularité sans pareille. Un Ordre de chevalerie était fondé pour protéger les pèlerins qui allaient vénérer son saint corps au Mont Sinaï. Sa fête, élevée à la dignité de la première classe, comportait

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1 Legatus divinae pietatis, IV, lvii.

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l’abstention des œuvres serviles en beaucoup d’églises. Les philosophes chrétiens, les écoliers, les orateurs et procureurs l’honoraient comme patronne ; le doyen des avocats fut appelé bâtonnier en raison du privilège qui lui appartenait de porter sa bannière ; tandis que les jeunes filles, organisées en confréries de Sainte-Catherine, estimaient à grand honneur le soin d’orner l’image de leur Sainte vénérée. Comptée parmi les Saints auxiliateurs à titre de sage conseillère, elle voyait beaucoup d’autres corporations se réclamer d’elle, sans autre motif plausible que l’expérience faite par tous de son crédit universel auprès du Seigneur. Ses fiançailles avec le divin Enfant, d’autres traits de sa Légende, fournirent à l’art chrétien d’admirables inspirations.

Cependant le sage et pieux Baronius regrettait déjà de son temps que, sur quelques points, les Actes de la grande Martyre d’Orient donnassent prise aux doutes dont devait s’emparer la critique outrée des siècles suivants pour amoindrir la con fiance des peuples1. Au grand honneur de la virginité chrétienne,il n’en reste pas moins qu’acclamée par élèves et maîtres en la personne de Catherine, elle présida dans la vénération et l’amour au développement de l’esprit humain et de la pensée, durant ces siècles où resplendirent comme des soleils les Albert le Grand, les Thomas d’Aquin, les Bonaventure. Heureux les purs de cœur! car ils verront Dieu2. «Il faut, disait Méthodius, l’évê-

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1 Baron. Annal. ad ann. 307. —  2 Matth. v, 8.

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que martyr du iiie siècle, en son Banquet des vierges, il faut que la vierge aime d’amour les saines doctrines, et qu’elle tienne une place honorable parmi ceux que distingue leur sagesse1».

Lisons la Légende abrégée de Catherine dans le livre de la sainte Eglise.

Catharina, nobilis virgo Alexandrina, a prima ætate stúdia liberalium artium cum fidei ardore conjungens, brevi ad eam sanctitatis et doctrinæ perfectionem pervenit, ut, decem et octo annos nata, eruditissimum quemque superaret. Quæ cum Maximini jussu multos, propter christianæ religionis professionem varie tormentis cruciatos, ad supplicium rapi videret, non dubitanter ipsum adiit Maximinum, eique nefariam immanitatem objiciens, sapientissimis rationibus Christi fidem ad salutem necessariam esse affirmavit. Catherine, noble vierge d’Alexandrie, unit des le premier âge l’étude des arts libéraux et l’ardeur de la foi. Telle fut bientôt la perfection de sa science comme de sa sainteté, qu’à dix-huit ans elle l’emportait sur les plus instruits. Or, en ce temps, beaucoup de chrétiens étaient par ordre de Maximin soumis pour leur religion à divers tourments et conduits à la mort ; ce que voyant, la vierge alla trouver sans hésiter Maximin lui-même, lui reprocha ses cruautés impies, et démontra par de très sages raisons que la foi dans le Christ était nécessaire au salut.

Cujus prudentiam Maximinus admiratus, retineri eam jubet, accersitis undique doctíssimis hominibus, magnisque propositis præ- Maximin, admirant sa prudence, la fit retenir; et mandant de tous côtés les plus savants personnages, il promit de grandes récompenses à quiconque par rai-

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1 Method. Conviv. Oratio I, 1.

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miis, qui convictam Catharinam a Christi fide ad idolorum cultum perduxissent. Quod contra accidit. Nam plures philosophi, qui ad eam coarguendam convenerant, vi ac subtilitate ejus disputationis tanto Jesu Christi amore sunt incensi, ut pro illo mori non dubitaverint. Quam ob rem Maximinus blanditiis ac promissis Catharinam de sententia deducere aggreditur; verum, id frustra fieri intelligens, verberibus affectam plumbatisque contusam, dies undecim sine cibo ac potu inclusam tenet in carcere. sonnement détournerait Catherine de la foi au Christ et l’amènerait au culte des idoles. Mais ce fut le contraire qui arriva. Car beaucoup de’ philosophes, qui s’étaient rassemblés dans le but de la convaincre, furent parla force et l’habileté de son argumentation embrasés  d’un  si grand amour de Jésus-Christ, qu’ils n’hésitèrent pas à mourir pour lui. Maximin donc, ayant essayé des flatteries et des promesses près de Catherine, et comprenant qu’il perdait sa peine, la fit battre et meurtrir avec des fouets garnis de plomb, puis enfermer onze jours en prison sans nourriture ni rien pour apaiser sa soif.

Quo tempore Maximíni uxor et Porphyrius belli dux, visendæ Virginis causa carcerem ingressi, et ejusdem prædicatione in Jesum Christum credentes, póstea martyrio coronati sunt. Interim Catharina educitur e custodia; et rota expedítur, crebris et acutis præfixa gladiis, ut Vírginis corpus crudelíssime dilaceraretur. Quæ machina, brevi Catharinæ oratione, confracta est; eoque miraculo multi Christi fidem sus- La femme de Maximin et Porphyre, chef de la milice, étant alors venus voir la vierge en sa prison, furent convertis par ses paroles à Jésus-Christ, et ensuite couronnés du martyre. Cependant Catherine est tirée du cachot: on produit une roue garnie de glaives nombreux et acérés  qui doit mettre en pièces  cruellement le corps de la vierge;  mais bientôt, Catherine priant, la roue se brise, et le prodige amène à la foi beaucoup de monde. Pour Maximin, plus obstiné toujours dans l’impiété et

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ceperunt. Ipse Maximinus, in impietate et crudelitate obstinatior, Catharinam securi percuti imperat. Quæ, fortiter dato capite, ad duplicatum virginitatis et martyrii præmium evolavit septimo Kalendas Decembris; cujus corpus ab Angelis in Sina, Arabiæ monte, mirabiliter collocatum est. dans la cruauté, il commande de frapper Catherine de la hache. Ce fut le sept des calendes de décembre que la Sainte, présentant courageusement la tête au bourreau, s’envola pour recevoir la double récompense de la virginité et du martyre. Les Anges transportèrent miraculeusement son corps en Arabie et le déposèrent au Mont Sinaï.

Nombreuses furent les compositions liturgiques inspirées à l’Occident par la fête de ce jour. Nous nous bornons à emprunter celle-ci au Graduel de Saint-Victor, en la faisant suivre d’un beau et touchant Répons conservé par les Frères Prêcheurs1.

SÉQUENCE.

Vox sonora nostri chori
Nostro sonet Conditori,
Qui disponit omnia,
Per quem dimicat imbellis
De viris victoria;
Que notre chœur harmonieusement chante le Créateur, par qui toutes choses sont disposées: par lui combat celui qui ignorait la guerre, par lui sur l’homme à des jeunes filles la victoire est donnée.

Per quem plebs Alexandrina
Feminæ non feminina,
Stupuit ingenia.
Quum beata Catharina
Par lui les habitants d’Alexandrie sont stupéfaits de voir en une femme des qualités qui semblaient n’être pas de la femme, lorsque Cathe-

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1 Troisième Répons du IIe Nocturne de la fête.

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Doctos vinceret doctrina,
Ferrum patientia.
rine la bienheureuse triomphe des docteurs par sa science, du fer par son courage à souffrir.

Hæc ad gloriam parentum
Pulchrum dedit ornamentum
Morum privilegia,
Clara per progenitores,
Claruit per sacros mores
Ampliori gratia.
A la gloire de sa race sa vertu sans pareille ajoute un éclat nouveau; illustre par ceux qui la mirent au monde, illustre elle est plus encore par les mœurs saintes dont fa grâce l’a favorisée.

Florem teneri decoris,
Lectionis et laboris
Attrivere studia:
Nam perlegit disciplinas
Sæculares et divinas
In adolescentia.
Tendre est la fleur de sa beauté; point cependant elle ne lui épargne étude et labeur: de toutes  sciences, qu’elles aient le monde ou Dieu pour objet, sa jeunesse s’est rendue maîtresse.

Vas electum, vas virtutum,
Reputavit sicut lutum
Bona transitoria,
Et reduxit in contemptum
Patris opes et parentum
Larga patrimonia.
Vase de choix, vase des vertus, les biens qui passent ne sont pour elle que de la boue; elle méprise la fortune de son père et les grands patrimoines que lui vaut sa naissance.

Vasis oleum includens,
Virgo sapiens et prudens
Sponso pergit obvia,Ut, adventus ejus hora,Præparata, sine moraIntret ad convivia.
Vierge prudente et sage, elle se fait sa réserve d’huile pour aller au-devant de l’Epoux: elle veut, toute prête à l’heure qu’il arrivera, entrer sans retard au festin.

Sistitur imperatori,
Cupiens pro Christo mori;
Cujus in præsentia
Pour le Christ elle désire mourir; devant l’empereur à qui elle est présentée, l’éloquence de la vierge réduit

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Quinquaginta sapientes
Mutos reddit et silentes
Virginis facundia.
cinquante philosophes au silence.

Carceris horrendi clustrum,
Et rotarum triste plaustrum,
Famem et jejunia,
Et quæcumque fiunt ei,
Sustinet amore Dei,
Eadem ad omnia.
L’horreur de la prison où on l’enferme, et l’épreuve des roues menaçantes, la faim, les privations, tout ce qu’elle doit subir, elle le supporte pour l’amour de Dieu, toujours la même en toute rencontre.

Torta superat tortorem,
Superat imperatorem
Feminæ constantia:
Cruciatur imperator
Quia cedit cruciator,
Nec valent supplicia.
Torturée, elle triomphe du bourreau; la constance d’une femme a triomphé d’un empereur: c’est lui qui est dans les tourments, parce que le bourreau s’avoue vaincu avec ses supplices impuissants.

Tandem capite punitur
Et, dum morte mors finitur,
Vitæ subit gaudia.
Angeli mox fuit curæ
Dare corpus sepolturæ
Terra procul alia.
Elle est enfin décapitée; la mort pour elle au trépas a pris fin; elle fait joyeuse son entrée dans la vie: ce pendant que les Anges prennent soin d’ensevelir son corps en une terre lointaine.

Oleum ex ipsa manat
Quod infirmos multos sanat
Evidenti gratia.
Bonum nobis dat unguentum,
Si per suum interventum
Nostra sanet vitia.
Une huile en découle qui, par une grâce évidente, guérit beaucoup de malades; bonne pour nous sera l’essence, si son intervention guérit nos vices.

Gaudens ipsa videat
De se præsens gaudia,
Présente à nous, qu’elle se réjouisse en voyant les

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Et futura præbeat,
Quæ dedit præsentia,
Et hic nobis gaudeat,
Illi nos in gloria.
joies qu’elle nous cause; que nous donnant les présentes joies, elle nous procure aussi les futures; qu’elle se réjouisse avec nous ici-bas, et nous avec elle dans la gloire.

Amen. Amen.

RÉPONS.

Virgo flagellatur, crucianda fame religatur, carcere clausa manet, lux cœlica fusa refulget: * Fragrat odor dulcis, cantant cœli agmina laudes. La vierge est flagellée, chargée de liens elle est soumise au tourment de la faim, elle demeure emprisonnée, une lumière céleste emplit la prison de splendeur: * Un doux parfum se fait sentir, on entend les cantiques des phalanges des cieux.

V). Sponsus amat sponsam, Salvator visitat illam.
* Fragrat.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto.
* Fragrat.
V). L’Epoux aime l’Epouse, elle reçoit la visite du Sauveur.
* Un doux parfum.
Gloire au Père, et au Fils,  et au Saint-Esprit.
* Un doux parfum.

Bienheureuse Catherine, recevez-nous à votre école. Par vous la philosophie, justifiant son beau nom, conduit à la Sagesse éternelle, le vrai au bien, toute science au Christ, qui est la voie, la vérité, la vie1 «Curieux qui vous repaissez d’une spéculation stérile et oisive, s’écrie le plus éloquent de vos panégyristes, sachez que cette vive lumière qui vous charme dans la science, ne

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1 Johan. xiv, 6.

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lui est pas donnée seulement pour réjouir votre vue, mais pour conduire vos pas et régler vos volontés. Esprits vains, qui faites trophée de votre doctrine avec tant de pompe, pour attirer des louanges, sachez que ce talent glorieux ne vous a pas été confié pour vous faire valoir vous-mêmes, mais pour faire triompher la vérité. Ames lâches et intéressées, qui n’employez la science que pour gagner les biens de la terre, méditez sérieusement qu’un trésor si divin n’est pas fait pour cet indigne trafic; et que s’il entre dans le commerce, c’est d’une manière plus haute, et pour une fin plus sublime, c’est-à-dire, pour négocier le salut des âmes1».

Ainsi, ô Catherine, n’employez-vous votre science que pour la vérité. Vous faites «paraître Jésus-Christ avec tant d’éclat que les erreurs que soutenait la philosophie sont dissipées par sa présence; et les vérités qu’elle avait enlevées viennent se rendre à lui comme à leur maître, ou plutôt se réunir en lui comme en leur centre. Apprenons d’un si saint exemple à rendre témoignage à la vérité, à la faire triompher du monde, à faire servir toutes nos lumières à un si juste devoir, qu’elle nous impose. O sainte vérité! je vous dois le témoignage de ma parole; je vous dois le témoignage de ma vie; je vous dois le témoignage de mon sang: car la vérité, c’est Dieu même2».

L’Eglise, ô vierge magnanime, n’a pas

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1 Bossuet, Panégyrique de sainte Catherine. — 2 Ibid.

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d’autre pensée quand aujourd’hui elle formule ainsi pour nous sa prière: «O Dieu qui donnâtes la loi à Moïse sur le sommet du Mont Sinaï, et au même lieu par les saints Anges avez miraculeusement placé le corps de votre bienheureuse Vierge et Martyre Catherine; exaucez nos supplications: faites que par ses mérites et son intercession nous parvenions à la montagne qui est le Christ, vivant et régnant avec vous dans les siècles des siècles1».

1 Collecte du jour.

 

Cfr. P. Guéranger, L’Année liturgique, – VI. Les temps après la Pentecôte, 6. Prope des Saints du Ier au XXX Novembre. La Toussaint – Les Morts – La Dédicace9, Tours, Mame, 1922, pp. 490-499.

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In memoriam. Comm. Marco Crisconio

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Il 12 novembre 2022 è mancato a Napoli il Comm. Marco Crisconio, presidente della locale Sezione di Una Voce Italia.

L’Associazione rimpiange un sincero combattente della santa battaglia e presenta agli amici e congiunti il proprio cordoglio.

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Guillelmi Duranti, De vesperis

1. In hora vespertina significat Ecclesia primum adventum Domini qui fuit vergente vespere mundi, in ultima etate; de quo psallens reddit gratias Deo, iuxta illud Apostoli: Nos sumus in quos fines seculi devenerunt. Preterea, Christus in vespera de cruce depositus fuit. Eadem quoque hora, in cena sacramentum corporis et sanguinis instituit, pedes discipulorum lavit, discipulis euntibus in Emmaus in habitu peregrini in fractione panis se manifestavit. Merito ergo Ecclesia in hac hora gratias agit. Est autem duplex mundi vespera, prout in sexta parte sub Epiphania dicetur.

2. Sane, sicut ait Sicardus episcopus Cremonensis, in Mitrali, officium diei sequentis incipit in vesperis, quia vespertina sinaxis, id est hora, primum est officium, secundum Esdre consuetudinem in quaternario numero, prout dictum est in prohemio huius partis. Unde vespertinum officium a vespera stella nominatur que in principio noctis oritur. Preterea, licet ab initio mundi dies precederet noctem, in nocte tamen dominice resurrectionis nox cepit precedere diem, ut dicetur in sexta parte sub Sabbato sancto, in principio.

3. Dicit autem Ecclesia in hac hora quinque psalmos. Primo, propter quinque Christi vulnera qui pro nobis obtulit sacrificium in vespera mundi. Secundo, ad correctionem, ut videlicet defleamus et petamus veniam peccatorum que in die per quinque sen­sus corporis committuntur et ad nos intrant, iuxta illud Ieremie: Mors intravit per fenestras nostras. Quis enim est qui visu non concipiat? Tertio, per ipsos quinque psalmos munit se Ecclesia contra nocturnales tribulationes. Hec enim hora insinuat fletum eorum quibus occidit sol iustitie, et ita sunt in vespere, de quo dictum est: Ad vesperum demorabitur fletus,
qui durabit usque ad matutinum, id est quousque sol fidelibus oriatur qui occiderat peccatoribus, secundum quod sequitur: Et ad matutinum letitia. Et propter easdem etiam causas pectus quinque digitis tundimus. Rursus, seculares dicunt quinque psalmos, religiosi vero quatuor, propter rationem tactam in sexta parte sub titulo De Adventu.

 

Cfr. G. Duranti, Rationale divinorum officiorum V 9, 1-3, A. Davril o.s.b. et T.M. Thibodeau edd., Turnholti, Brepols, 1978, pp. 105-106.

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Neri Capponi, Il “punto d’innesto” e la Liturgia

Facendo riferimento all’editoriale «Per una riforma della Liturgia», a suo tempo pubblicato nel bollettino nazionale di Una Voce1, e alla prospettiva in esso affacciata di una «riforma delle riforme li­turgiche», vorrei aggiungere le seguenti osservazioni.

E’ da mettere in chiaro innanzi tutto che un’eventuale «riforma delle rifor­me» dovrà restituire ai testi del messa­le, del rituale e del pontificale nonché al modo di celebrare la messa e di ammini­strare i sacramenti quella pienezza e chia­rezza teologica che oggi è spesso caren­te. La riforma, infatti, fu basata sia sulla manìa archeologica per i riti dei primi secoli, prima, cioè, che in Occidente fos­sero arricchiti da elementi germanici e celtici nonché dal successivo approfondimento del dogma, sia su di un falso ecu­menismo il quale tende a raggiungere una «unione» a tutti i costi col mondo pro­testante: ne è risultato, pertanto, un rito povero, spesso equivoco, ed un modo di celebrarlo che si ispira alla Riforma.

Poche furono le concessioni al mondo orientale, se non nella speciale, precisa invocazione allo Spirito Santo introdotta nei nuovi canoni e, forse, nell’uso di ricevere la comunione in piedi. La questio­ne della lingua liturgica fu risolta, in ap­parenza, sia accostandosi alla tradizione orientale sia a quella protestante, poiché ambedue privilegiano l’uso delle lingue nazionali. A ben vedere, però, è stato lo spirito protestante a prevalere poiché in Oriente non è la lingua nazionale parlata che viene privilegiata nella liturgia ma la lingua nazionale nella sua forma arcaica od aulica intesa come lingua sacra: nella riforma liturgica invece il problema della lingua: è stato visto nell’ottica individua­listica, antisacrale e livellatrice del prote­stantesimo, ispirandosi inoltre al dogma illuminista [13|14] della necessità della compren­sione razionale di tutte le cose, persino di quelle che di per sé superano la ragio­ne ma che se non rientrano in categorie razionali, limitative e pedisseque, per lo spirito illuminista neanche esistono!

Ciò detto non penso che la riforma po­trà consistere in un ritorno puro e semplice alla liturgia cosiddetta «tridentina», che per ragioni religioso-culturali è bene che rimanga così come è con piena cit­tadinanza accanto agli altri riti della Chie­sa Cattolica, ma dovrà, sulla base, anzi­tutto, di un completo e corretto messag­gio teologico, tenere conto di alcuni dati scritturistici, storici e teologici.

Va anzitutto considerato il dato stori­co-teologico che proviene dalla lettera ai Romani di San Paolo (Romani 11, 16-27) ove l’Apostolo parla dell’innesto sul vec­chio tronco dell’ebraismo dell’olivastro dei gentili, il quale continuerà a fiorire fino alla fine dei tempi quando (essendosi seccato l’albero innestato a causa della grande apostasia di cui parla Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi, 2, 3) verrà reinnestato sul tronco il vecchio al­bero d’Israele rinverdito per la sua con­versione, come nazione, al Cristianesimo: dalla conversione di Israele conseguirà, poi, la riconversione dei gentili.

Da questo dato biblico si rileva l’im­portanza del «punto d’innesto» finché dura l’adesione dei gentili al Cristianesi­mo, «punto d’innesto» che storicamente si identifica con la civiltà greco-latina, cioè col mondo romano. Consegue da ciò l’im­portanza che la tradizione romana (iden­tificata con la tradizione greco-latina) ha per il Cristianesimo incarnatosi nel mon­do, almeno finché durerà l’adesione dei gentili. In campo liturgico il «punto di innesto» si identifica con i riti cristiani sorti durante i primi secoli, nella parte occidentale dell’impero, sul fondamento della latinità influenzata dalla tradizione greca e nella parte orientale sull’ellenismo a sua volta permeato di elementi latini.

Con le cosiddette invasioni barbariche sorge in Occidente una nuova civiltà romano-germanica con forti apporti dal mondo celtico la quale costituisce la base prossima della cosiddetta civiltà occiden­tale, oggi comprendente l’Europa occidentale, Americhe, il Sud-Africa, l’Au­stralia e la Nuova Zelanda. Tornando alla liturgia si può dire, ad esempio, che la messa cosiddetta «tridentina» è non solo il frutto dell’approfondimento del dogma in materia di presenza reale, di sacrificio propiziatorio e di sacerdozio mi­nisteriale, ma anche il più bel frutto cul­turale della tradizione romano-germanica­ celtica, frutto venuto ad iniziale matura­zione per opera di Alcuino e poi degli Ot­toni, fra il nono e l’undicesimo secolo, e successivamente sviluppatosi attraverso il basso Medioevo fino a Pio V che lo cristallizzò definitivamente: con questa messa e con tutti i riti occidentali è inti­mamente connessa la lingua latina come lingua sacra della liturgia romano-germa­nica od occidentale.

Se per l’Occidente, in nome non solo della sua continuità culturale, la «rifor­ma delle riforme» non dovrà troppo di­scostarsi dal modello «tridentino», ov­verosia dalla liturgia precedente il 1965, e la lingua dovrà essere, almeno prevalentemente e in linea di principio quella la­tina (o comunque, in via subordinata, una lingua nazionale in versione aulica e per­ciò culturalmente valida), altro discorso deve farsi per le antiche civiltà dell’Asia e del Nord Africa nonché per l’Africa ne­ra, la Papuasia e l’Oceania ove, salvo il «punto d’innesto» dei gentili (cioè, in campo liturgico, i riti sorti nei primi se­coli nell’ambito dell’impero romano), lo ulteriore innesto dovrà farsi, nel rispetto della tradizione teologica, con le singole tradizioni o culture: eliminando perciò [14|15] completamente gli apporti germano-celti­ci nella liturgia i quali sono peculiari alla civiltà occidentale e non sono diretta­mente connessi col «punto d’innesto» dei gentili sull’albero dell’ebraismo. L’appor­to delle singole tradizioni pagane potrà riflettersi nei colori liturgici, nella musi­ca sacra, nei gesti, nei segni, nel calen­dario, nei riti aggiuntivi, nonché nella lingua che dovrà essere quella sacra del­le singole civiltà o culture: l’unico punto fermo, ciò che nasce dall’antichità greco-romana e dalla radice ebraica ridotto al­l’essenziale.

Si avrà allora un fenomeno simile a quello avvenuto in Occidente fra i se­coli nono ed undecimo ed in Oriente con le influenze semitiche, persiane, ar­mene ed infine slave sulla originaria li­turgia del mondo ellenistico-romano, e ciò su scala mondiale. Già i gesuiti del XVII secolo lo intuirono proponendo i cosiddetti riti cinesi, ma forse una delle ragioni del fallimento di quella iniziativa missionaria fu dovuto al fatto che i suoi autori la vedevano in un’ottica puramente pragmatica senza approfondirne i ri­svolti storico-biblici e senza la conoscenza che abbiamo oggi della storia della li­turgia.

Stiamo oggi assistendo ad un tentativo assai simile a quello dei gesuiti seicenteschi; tentativo però attuato sulla base di riti dogmaticamente carenti e senza che ci sia alcun discernimento su ciò che nel­le singole tradizioni pagane è compatibi­le o incompatibile con il messaggio cri­stiano: in altre parole si sta assistendo ad un processo di inculturazione selvaggia della liturgia che è estremamente perico­loso e che potrebbe essere evitato se alla base di tutto figurasse una saggia «rifor­ma delle riforme», una conoscenza teo­logica, una coscienza storica, nonché una genuina e profonda conoscenza delle sin­gole tradizioni pagane.

Neri Capponi

Firenze, 6 febbraio 1988, festa di San Paolo Miki e Compagni, primi martiri giapponesi.

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1 Cfr. Una Voce – Notiziario n. 79-80, gennaio-giugno 1987, pp. 1-3.

Cfr. «Una Voce Notiziario», 83-84, 1988, pp. 13-15.

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Morti 2022


Réquiem ætérnam dona eis Dómine : et lux perpétua lúceat eis. Ps. 64, 2-3. Te decet hymnus Deus in Sion; et tibi reddétur votum in Jerúsalem : exáudi oratiónem meam;
ad te omnis caro véniet. Réquiem.

2 Novembre. Quarto delle None.

Mercoledì. Commemorazione di tutti i fedeli defunti
Doppio. Paramenti neri. Messa «Requiem».

Recordáre, Jesu pie,
Quod sum causa tuæ viæ :
Ne me perdas illa die.

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